Sogni… maneggiare con  cura

Un articolo di Alessandro Carli

 

Personalmente, non mi è mai piaciuto molto il termine “sogno” per indicare una realtà che viene vissuta forte dentro di noi, che sentiamo l’urgenza di realizzare, ma che ancora non esiste… anzi, che è ancora molto lontana.

Il sogno è qualcosa di molto effimero, fragile e, soprattutto, al di fuori del nostro controllo… un semplice pensiero che sfreccia nella nostra mente, ma che v’indugia solo quel tanto per darci l’illusione di poterlo realizzare, non regalandoci che qualche minuto per farci credere che la nostra vita può avere un senso ed un valore diversi da quelli che stiamo vivendo.

Così come quando di notte non possiamo afferrare i nostri sogni per tenerceli stretti, non possiamo appropriarci dei sogni che facciamo di giorno, ad occhi aperti, il tempo necessario per provare lo sterile brivido di un laconico “come vorrei…”

Sono solo tre le cose che perseguiamo nella vita:

Ci sono i bisogni, ossia quelle pulsioni che scaturiscono da uno stato di necessità, qualcosa di cui non possiamo assolutamente fare a meno, pena il vivere una condizione di malessere che può perfino mettere a repentaglio la nostra vita (o di coloro di cui siamo responsabili). Il verbo dei bisogni è: devo avere (…)!

Poi ci sono i sogni, appunto, che sono lì unicamente per rendere meno insopportabile la nostra esistenza e che hanno l’unico scopo di regalarci la sensazione di poter avere una vita diversa. Il verbo dei sogni è: vorrei avere/essere (…).

E infine, ci sono i desideri, che sono ciò che danno un significato ed una direzione alla nostra vita. I bisogni e i sogni, in modo diverso, sorgono spontaneamente e non occorre fare niente per farli venire a galla, mentre i desideri possono anche scaturire da un bisogno (non fisico, evidentemente) o da un sogno, ma vanno poi strutturati, pianificati e costruiti. Il verbo dei desideri è: devo poter avere/essere (…)!

Un desiderio, diversamente da un bisogno o da un sogno, non ha carattere di urgenza o di necessità, ma trova la sua forza nell’indomabile volontà di aggiungere qualcosa che prima non c’era… non negli stessi termini, almeno, ed è proprio quella volontà a farci dire “devo potere” (…)!

 

“I have a dream!”

Chi pratica da qualche tempo la crescita personale ed è quindi attivamente impegnato a conoscersi più a fondo al fine di esprimere una parte sempre più importante del suo potenziale, sa che tutti, TUTTI gli eventi avversi hanno il solo ed unico scopo di offrirci l’opportunità di riuscirci.

Niente viene calato dall’alto: devi metterti alla prova per capire fin dove puoi arrivare e i sogni non hanno abbastanza forza per indurti a farlo: a questo servono i desideri (dei bisogni non ha nemmeno più senso parlare… in questa sede, almeno).

Quando Martin Luther King pronunciò il suo discorso più famoso, “I have a dream!” (ho un sogno), in effetti, non stava parlando di un sogno, ma di una visione, che è cosa ben diversa. Lui non si è limitato a descrivere ciò che diceva di sognare, ma vedeva nei minimi dettagli il giorno in cui non ci sarebbe più stata una diversità di trattamento tra bianchi e neri in America, ma un unico popolo unito dalla volontà di condividere lo stesso destino.

Quel discorso trasuda di quel profondo desiderio di unità e di amore che è diventato realtà… anche se a distanza di decenni ed è tuttora in fase di perfezionamento. Un sogno non ha e non avrà mai quella carica che serve a realizzare una tale trasformazione.

Una visione, sì, perché sei tu a costruirla, a farcirla di dettagli, a sapere come dovrà essere, esattamente, ciò che vuoi vedere realizzarsi.

 

Come ci si rapporta con una visione

Quando ci poniamo un obiettivo, nella nostra mente si forma una visione di come esso impatterà (positivamente, si presume) sulla vita nostra e delle altre persone in vario modo coinvolte ed in quel preciso istante avvertirai la presenza di due potenti forze contrapposte: una viene definita “creativa” e l’altra “emotiva”.

Immagina queste forze come delle cinghie elastiche, una che ti tira in avanti verso la tua meta e l’altra che, invece, non solo cerca d’impedirti di andare avanti, ma fa di tutto per tirarti indietro.

La forza che ti tira in avanti è quella creativa ed è attratta dalla visione che hai costruito. Quanti più dettagli metti in quella visione, quanto più chiaramente e nitidamente la vedi nella tua mente, tanto più si rafforzerà e sarà capace di avvicinarti ad essa.

La forza contraria è invece quella emotiva e si chiama così perché si alimenta di quei  blocchi emozionali che ti trattengono, come la paura, il dubbio, i conflitti interiori, i valori contrastanti, le false credenze e molto altro.

Inutile dire che l’avrà vinta la forza più incisiva: se quella creativa, raggiungerai il tuo obiettivo; se quella emotiva, desisterai.

L’errore che commette la maggioranza delle persone è quello di puntare tutto sulla forza creativa, ma è come spingere l’acceleratore della tua auto tenendo tirato il freno a mano. Cosa succederà, inevitabilmente? Si brucia… e così noi!

E’ molto meglio e più saggio allentare prima le forze emotive andando a lavorare su di sé, liberandosi da quelle catene emotive e mentali che non ci permettono di esprimerci al meglio e c’impediscono di rendere reale la nostra visione.

 

Conclusione

La parte più difficile di porsi un obiettivo o – più in grande – perseguire una visione, non è tanto l’aspetto strettamente operativo, ma comprendere bene con cosa si ha a che fare.

Non lasciamoci prendere dai sogni perché il solo pensarli ci eleva o c’ispira. Lasciamo i sogni ai sogni e focalizziamoci su ciò che vogliamo concretamente realizzare, perseguendolo con metodo, disciplina e chiarezza.

Forse non tutti lasceranno qualcosa di memorabile, come ha fatto Martin L. King, ma tutti hanno la possibilità di lasciare qualcosa di memorabile a coloro che li seguiranno.

Se ti trovi in una fase in cui stai costruendo qualcosa d’importante, non lasciare che sia il caso o il pressapochismo ad agire in vece tua: contattami e confrontiamoci sul concreto.

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