Un articolo di Alessandro Carli
CHE BELLO LAVORARE IN SQUADRA!
Il problema della squadra è che ogni membro della stessa lavora esclusivamente per sé, per soddisfare i propri bisogni, e tutti usano gli altri per arrivare ai loro scopi… anche se non pensano di farlo. E’ necessario prendere coscienza di questa realtà, al fine di superarla e creare qualcosa di autenticamente solido e, soprattutto, produttivo.
Partiamo dal presupposto che sono due le macro-tipologie di persone che partecipano al lavoro di squadra: quelli che vogliono emergere, conquistarsi una posizione ed essere riconosciuti come riferimento – definiti anche estroversi ed inclini alla “lotta”; e quelli che vogliono sentirsi parte di qualcosa perché lo trovano rassicurante, in quanto responsabilità, fallimenti e successi vengono condivisi – definiti anche introversi e più inclini alla “fuga”.
E’ bene essere chiari sul concetto di lotta e fuga, qui, che fa riferimento a due dei quattro istinti basilari degli esseri umani (e non solo). Non che i primi siano attaccabrighe e i secondi vigliacchi, ma che hanno due modi diversi, opposti, per approcciarsi ai problemi, per risolverli e per dare il loro contributo al benessere e al successo di una squadra. Ma cosa più importante, ogni squadra ha estremo bisogno di entrambe queste figure per espandersi e rafforzarsi e sarebbe un grave errore preferire gli uni agli altri perché si ritengono più “funzionali” al raggiungimento degli obiettivi.
Un leader accorto deve saper riconoscere e valorizzare ognuna delle due tipologie per sfruttare al meglio le loro peculiarità, anziché costringere insensatamente qualcuno ad operare in modo avverso alla sua indole.
Ecco alcuni suggerimenti:
Se o quando si ha a che fare con estroversi, occorre sapere che:
– essendo più inclini alla leadership, intesa alla vecchia maniera, adorano assumere ruoli di responsabilità e di guida; pertanto, nella squadra
affidare a loro incarichi che prevedano queste situazioni.
– poiché entrano facilmente in competizione con chiunque possa minacciare il loro status, evitare di mettere in squadra un altro estroverso; se questo fosse inevitabile, chiarire bene funzioni e raggio d’azione di ognuno.
– poiché gli estroversi adorano lavorare per obiettivi e sentono il bisogno di sentirsi protagonisti nel loro raggiungimento, è importante dare loro lo spazio, anche decisionale (che non significa lasciarli fare tutto quello che vogliono), per muoversi.
– essendo persone d’azione ed essendo fortemente attratte da ciò che c’è “là fuori” da conquistare, non amano pensare ed analizzare troppo, a meno che queste attività non siano funzionali al raggiungimento dell’obiettivo nel suo insieme.
Se e quando si ha a che fare con introversi, occorre sapere che:
– va evitato di affidare loro incarichi di eccessiva responsabilità, poiché tendono a rispondere solo per se stessi, all’interno del loro ristretto campo di competenza, dove si sentono in controllo.
– difficilmente entrano in competizione con gli altri, a meno che questi “altri” cerchino di dimostrare di essere migliori nel ristretto campo di competenza di cui sopra; in questo caso, l’introverso ci mette un attimo a chiarire che “o io o lui/lei”.
– diversamente dagli estroversi, gli obiettivi non sono di per sé il focus principale dell’introverso, quanto invece lo è sapere – e che gli altri sappiano! – che il loro contributo sia prezioso, anzi imprescindibile, per il successo della squadra.
– adorano approfondire, riflettere, analizzare, cavillare, ricercare la verità, ciò che è giusto e ciò che è più funzionale in ogni situazione… almeno, dal loro punto di vista: tendono a vedere questo come il loro plus assoluto ed è importante riconoscerlo.
Poiché estroversi e introversi sono così diversi, per certi versi opposti, molto difficilmente entrano in competizione e tendono a lavorare benissimo insieme. I problemi sorgono quando non si riesce a capire e/o accettare la loro rispettiva diversità.
Estroversione e introversione non sono atteggiamenti che si possono mutare, ma fanno parte della natura stessa di una persona che va assolutamente rispettata. Se si riesce a farlo, con intelligenza e sensibilità da parte di tutti, non c’è meta che non si possa raggiungere con una squadra ben assortita.
