IL SOTTILE POTERE DELLA VULNERABILITÀ
Nel dicembre dell’ormai lontano 2002, al Teatro Astra di Vicenza andò in scena una commedia che avevo scritto qualche anno prima, dal titolo “La Riscossa, ovvero l’inizio della liberazione dell’uomo”.
Non mi dilungo sulla spiegazione della trama, non pertinente ai fini di quest’articolo, ma due parole sul motivo che mi aveva spinto a scrivere questa “pièce”, anche sì.
Mi occupo di crescita della persona, nei suoi vari contesti, da oltre 30 anni, lavorando soprattutto con uomini e, fra tanti vizi e tante virtù che li distinguono, ce n’è uno che nello specifico li accomuna quasi tutti: la paura di mostrarsi vulnerabili.
Il movimento di liberazione della donna ha fatto un favore molto più grande agli uomini che alla stessa donna perché nel confronto spesso anche aspro tra i due generi, ha fatto venire a galla tutte le fragilità dell’uomo, fragilità prodotte da millenni di condizionamenti sociali su quello che dovrebbe essere il suo ruolo. E non soltanto nel rapporto di coppia.
La donna non ha subito millenni di martellamenti psicologici come ha subito l’uomo. Certo, la si confinava ad un ruolo di subalternità che doveva semplicemente accettare senza discutere, ma non le si chiedeva di cambiare la sua natura, di assumere comportamenti che entrassero in collisione con la loro più intime pulsioni e necessità. Ad una donna veniva insegnato cosa dovesse fare; ad un uomo, come dovesse essere, producendo distorsioni i cui effetti deleteri ci stiamo portando ancora dietro.
Per questo la donna è sempre stata, e sotto molti aspetti ancora lo è, più forte dell’uomo: nessuno le ha mai imposto di reprimere i suoi sentimenti, di dover dimostrare qualcosa (a se stessa, alla sua famiglia o alla società), di nascondere le proprie paure e le proprie insicurezze, di esecrare le proprie vulnerabilità e, alla fine, di traviare la propria natura.
Questo ha fatto sì che l’uomo imparasse a gestire le sue vulnerabilità, non a viverle, ad esprimerle, a condividerle e a superarle. È stato, invece, costretto a vivere nella menzogna e nell’ipocrisia e se la battaglia tra i generi, impensabile fino a pochi decenni fa, si è fatta anche molto aspra ed ha spesso costretto l’uomo in un angolo, lo sta ora gradatamente aiutando ad uscire dalla schiavitù di ormai desuete convenzioni sociali e dal dover recitare una parte che non gli appartiene (più).
E se il rifiutarsi di riconoscere la propria vulnerabilità tocca soprattutto gli uomini, non significa che la donne non ne siano in qualche modo coinvolte, soprattutto quelle che hanno ricevuto un’educazione rigida o che, provenendo da una “buona famiglia”, sono state spesso allevate con regole di buona creanza che penalizzano la spontaneità a favore di un facile perbenismo.
La vulnerabilità non è debolezza, anzi. È l’umile riconoscimento della propria imperfetta umanità che, per essere migliorata, ha bisogno di un’interazione autentica, profonda e feconda con persone animate dalla stessa intenzione di rivelarsi per quello che sono e di puntare alla crescita continua. Ecco come accettare la propria vulnerabilità può di fatto migliorare le vite nostre e di coloro che interagiscono con noi a vari livelli.
Promuove l’autenticità – La consapevolezza di essere vulnerabili ridimensiona il nostro ego che non deve più costringerci a fingere ed a mostrarci per quello che non siamo. Ci libera dalla costrizione di reprimere i nostri sentimenti e le nostre paure e ci dà il coraggio di mostrarci per quello che siamo veramente.
Eleva la qualità delle relazioni – L’autenticità, a sua volta, rende più facile agli altri di relazionarsi in modo sano ed equilibrato con noi, in quanto capiscono chi siamo e cosa si possono aspettare da noi, liberandoci dalla necessità di doverli impressionare mostrando loro ciò che non siamo, soprattutto chi ci sta più vicino. I rapporti che maggiormente risentono di questa falsità, infatti, sono proprio quelli che s’instaurano con le persone più intime.
Si guadagna in salute – Indossare maschere e corazze prevede un uso spropositato di energia, energia che viene sottratta ai nostri organi per funzionare correttamente. Lo stress, l’ansia e soprattutto l’opacità in cui ci si condanna a vivere nel non riconoscere la nostra vera natura e recitare una parte che non ci siamo nemmeno scelti veramente, si ripercuote anche sulla nostra salute fisica e mentale.
Ci consente di vedere la nostra realtà in modo più chiaro – L’opacità è una via a due sensi: da una parte impedisce agli altri di vedere le nostre debolezze… ma dall’altra impedisce anche noi di vedere le debolezze altrui, rendendoci più suscettibili alle macchinazioni che mettono in atto (per difendersi da noi, dal loro punto di vista) nei nostri confronti. È vero che esponendoci si diventa più vulnerabili, ma permettendo agli altri di vedere chi siamo davvero, li si induce ad abbassare la guardia a loro volta.
Favorisce la nostra crescita – La trasparenza mostra la nostra vulnerabilità, ma nella vulnerabilità esaltiamo la nostra trasparenza, non solo verso gli altri, ma anche e soprattutto verso noi stessi. Questo ci permette di conoscerci molto più intimamente, dando più spazio al nostro desiderio di crescere, consentendoci di conseguenza ad aspirare a molto di più.
Si parla poco di vulnerabilità ed è un peccato, perché il suo valore è immenso. Le persone che ci sono più vicine possono aiutarci a vederla a nostra volta, ma sono spesso troppo coinvolte affettivamente per analizzare correttamente la situazione. Meglio, a questo punto, un amico sincero, specialmente se di lunga data; altrimenti l’alternativa è quella di rivolgersi ad un professionista: ha un costo, certamente, ma quello che se ne può ricavare non ha valore.
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