Costruire e preservare la reputazione internazionale

Un articolo di Stefano Munaron

Per lo sviluppo di un progetto internazionale, la buona reputazione del brand, sia di una piccola realtà sia di un’azienda strutturata, è un asset strategico di valore.

Il Belpaese gode di un vantaggio competitivo di partenza per il posizionamento e l’immagine percepita del  “made in Italy “ in molti settori : un capitale di credibilità ed autorevolezza ,una proposizione di valore che crea una visione  di eccellenza e creatività nella mente degli stakeholders internazionali.

I commenti, le recensioni on e off line ne sono la testimonianza, come si evince dall’analisi di notorietà  di Google Trends. Per un’azienda italiana che intende svilupparsi nei mercati internazionali, il credito acquisito non basta: è necessaria una strategia di comunicazione che mette al centro la reputazione, un percorso che costruisce le fondamenta, analizza, monitora e misura l’evoluzione e la preserva nel tempo.

A maggior ragione  oggi, in  un panorama  geopolitico che comporta crisi esogene ( pandemia)  ed endogene (conflitti vari), la reputazione è la nuova “moneta” che affianca il bilancio economico finanziario e di sostenibilità. Con l’affermarsi della “low touch economy “, le transizioni commerciali si basano sempre più  su un “contatto minimo” tra le persone attraverso la digitalizzazione e virtualizzazione delle relazioni con le tecnologie emergenti.

Il percorso è ancor più significativo in progetti internazionali  in cui si deve  creare una reputazione da zero (start up), migliorare l’immagine di un’azienda consolidata in Paesi diversi o  gestire una crisi (ad esempio, il  ritiro di prodotti dal mercato o gli effetti deleteri di comunicazioni dissonanti rispetto alla cultura dei Paesi di destinazione ).

La reputazione è intangibile perché è percezione dell’operato dell’azienda nel tempo e nel mercato, non è mai neutra ma è buona o cattiva ed è fragile: si costruisce nel  lungo termine ma si può distruggere in un istante e macchiare in maniera definitiva l’impronta digitale e le relazioni  dell’azienda. Ci sono metodi per misurarla e gestirla con approccio proattivo per prevenire le criticità. L’economia della reputazione è legata al nuovo modo di  comunicare, di creare relazioni per offrire valore ai clienti, ai fornitori e ai dipendenti. L’ascolto e dialogo sui valori prevalgono sul monologo che esalta i vantaggi del prodotto. In un contesto internazionale dove gli usi e i costumi sono molteplici e variegati, la reputazione favorisce le alleanze e facilita il processo negoziale.

Da ciò si evince l’importanza della reputazione che consolida la fiducia verso gli stakeholders: vantaggio competitivo sostenibile nel tempo in periodi di incertezza. Come l’innovazione, la reputazione ha un impatto economico significativo. La comunicazione digitale è veloce, si avvale di strumenti e si rivolge a più destinatari contemporaneamente: il ruolo del web è predominante nel processo decisionale in quanto tutti leggono recensioni, visitano siti, confrontano i risultati dei concorrenti e pesano la reputazione di un brand o di un prodotto.

Ciò è supportato dalle statistiche: si stima che le aziende possano perdere fino al 22% del fatturato con una sola recensione negativa a volte anche non fondata ma non smentita, il 75% dei candidati invia il CV se l’azienda ha una buona reputazione ( Gen Z) e  fruisce di un vantaggio e un risparmio importante dei costi di assunzione.

In fase di lancio o consolidamento di mercato, è essenziale misurare le variabili della reputazione:

  • la  cittadinanza del prodotto o servizio (sostenibilità, economia circolare , impronta di C02),
  • la socialità dell’azienda nell’ecosistema (il luogo di lavoro) e
  • la governance (visione, risultati, leadership, innovazione, gestione dei personale , etica, trasparenza e legalità). Ci sono settori e Paesi in cui  la reputazione è  più importante e la percezione del pubblico di riferimento ( dalla Generazione Z ai Boomers) differenziata.

La comunicazione on line ha un ruolo prevalente sulla reputazione individuale e  aziendale.  Con gli earned media (forum di discussione, portali), l’azienda recepisce i commenti e li condivide in rete; gli owned media (sito, newsletter e blog) costituiscono l’ecosistema digitale di cui l’azienda è proprietaria e presidia; i paid media sono la pubblicità a pagamento con  le modalità che la rete mette a disposizione.

Il mix ottimale di questi componenti è la base per costruire una buona reputazione e aumentare le probabilità di successo per entrare o sviluppare il business nei mercati internazionali.

Come quindi gestire la reputazione?

Con un processo integrato che parte dal suo monitoraggio off line e on line. On line si analizzano i trend di settore, le keyword, gli hastag, i social e i siti dei competitors per ripulire ove possibile il web da notizie false e lesive e proteggere intercettando in tempo reale le recensioni negative  o spegnerle sul nascere.  Ci vuole un’ora perché la crisi reputazionale diventi virale nel web e circa un giorno perché le aziende reagiscano! Infine, si lavora per  costruire e migliorare la reputazione creando contenuti di valore per i clienti e il mercato, ottimizzando il sito e facilitando la navigazione e l’esperienza dell’utente.

Ci sono alcuni accorgimenti  per limitare i rischi di “epic fail”. Monitorare le criticità con sondaggi è importante così come dare risposte in tempi rapidi per evitare che le notizie false diventino virali rispettando sempre  l’interlocutore e i suoi commenti. A volte,  ammettere un errore di comunicazione non basta: conviene rivolgersi a professionisti per isolare una conversazione e spegnerla senza banalizzare, scaricare il barile o giustificarsi ad ogni costo. Sono altresì essenziali la coerenza con la visione e missione aziendali e la conoscenza di usi, costumi e culture dei Paesi: prendere posizione ed  essere attivi socialmente, consapevoli che  non si può piacere a tutti, paga nel lungo termine come rendere partecipe ogni stakeholders con un dialogo costruttivo.

In conclusione, il monitoraggio e la costruzione di una buona reputazione internazionale  è un processo articolato e metodico come per un atleta la preparazione di una maratona mentre  la gestione di una crisi reputazionale necessita una velocità di reazione immediata come quella richiesta al centometrista.

 

Stefano Munaron

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