COMUNICARE, MA COSA?

Un articolo di Pasquale Di Matteo

 

Come invertire la rotta del declino culturale, promuovendo modelli di cultura autentica nei media, nelle aziende e nella società?

Viviamo in un’epoca in cui il concetto di cultura sembra essere in crisi.

La recente cancellazione del programma culturale di Alberto Angela, sconfitto dal record di ascolti di “Temptation Island”, è un segnale inquietante: la cultura viene sacrificata sull’altare dell’intrattenimento di bassa lega.

Questo fenomeno non è solo italiano ma globale e riflette una società che ha smarrito il proprio baricentro culturale.

 

LA CRISI DELLA CULTURA NEI MEDIA CONTEMPORANEI

La comunicazione di massa ha subito un’evoluzione rapidissima, trasformando profondamente il modo in cui consumiamo e produciamo contenuti.

Siamo passati dall’era in cui i media istruivano, promuovendo cultura e format, al mondo di oggi, dove i formati mediatici si adeguano a quanto richiesto dalle masse, perché il fine non è più alfabetizzare, come avveniva a metà del secolo scorso, ma solo fare profitto.

Dalle prime notizie divulgate alla radio, alle odierne piattaforme di streaming, il contenuto culturale ha progressivamente ceduto terreno a quello sensazionalistico e superficiale dell’effetto “WOW” a ogni costo.

I mezzi di comunicazione di oggi, guidati dall’imperativo del profitto, tendono a privilegiare il contenuto che genera più visualizzazioni, quasi sempre a discapito della qualità.

Marshall McLuhan, noto teorico della comunicazione, affermava che “il medium è il messaggio”.

Non è solo il contenuto a plasmare la nostra percezione del mondo, ma anche il mezzo attraverso cui viene trasmesso.

La televisione e i social media incentivano una fruizione rapida e superficiale per raggiungere l’unico obiettivo che conta: visualizzazioni per generare profitto.

Tale dinamica ha creato una cultura della gratificazione istantanea, dove la complessità e la profondità di un prodotto culturale vengono sacrificate per l’immediatezza e la semplicità.

Ma vediamo insieme cosa dicono le teorie della “spirale del silenzio” e della “dissonanza cognitiva” su questa nuova realtà.

 

SOCIOLOGIA DELLA “SPIRALE DEL SILENZIO”

La sociologa Elisabeth Noelle-Neumann ha sviluppato la teoria della “spirale del silenzio”, secondo cui le persone tendono ad adeguarsi all’opinione dominante per timore dell’isolamento sociale, condizione che abbiamo vissuto durante la gestione pandemica, soprattutto laddove i governi hanno seguito approcci repressivi.

Se la narrativa dominante esalta programmi come “Temptation Island”, il rischio è che anche coloro che apprezzano contenuti più profondi si sentano isolati e silenziosi, contribuendo involontariamente a rafforzare la tendenza generale per non apparire “parrucconi”, vecchi, primi della classe, tuttologi…

Perché l’ignoranza è molto abile ad esprimersi attraverso le etichette.

 

PSICOLOGIA DELLA DISSONANZA COGNITIVA

La psicologia del comportamento collettivo offre ulteriori chiavi di lettura.

Per esempio, la teoria della dissonanza cognitiva di Leon Festinger suggerisce che le persone evitano le informazioni che contraddicono le loro convinzioni preesistenti.

Se la società promuove il trash, chi consuma questo tipo di contenuti evita deliberatamente programmi culturali, percependoli come minacciosi per la propria autostima e per la coerenza interna.

Un po’ quanto avviene anche nei comportamenti di ogni giorno, dove molte persone evitano chi ne sa di più perché dovrebbero ascoltare più di quanto vogliano essere ascoltati.

Chi vive di protagonismo a ogni costo, evita quelle situazioni in cui non può essere lui/lei il protagonista, che si tratti di una cena tra amici, di un evento, di una partita di calcio…

Laddove sentono di essere inferiori ad altri amici, parenti, colleghi e conoscenti, questi soggetti evitano di partecipare e di confrontarsi.

 

STRATEGIE PER INVERTIRE LA ROTTA

Per chi opera nella comunicazione, la soluzione risiede nell’educazione e nella promozione di modelli culturali positivi, innanzitutto.

Le istituzioni educative devono diventare baluardi della cultura e del sapere, devono promuovere la bellezza dell’arte, delle scoperte scientifiche e della filosofia. Soprattutto, la scuola deve favorire lo sviluppo del pensiero critico.

È imperativo che gli insegnanti ispirino i giovani a esplorare la complessità del mondo, a interrogarsi e a nutrire la propria curiosità intellettuale, imparando a mettere in discussione tutto il suo contrario per sviscerare maschere, propagande e false verità.

 

COMUNICAZIONE E MEDIA

Dal punto di vista della comunicazione, è cruciale sviluppare strategie che rendano la cultura accessibile e attraente.

I media devono essere incentivati a produrre contenuti di qualità che sappiano essere accattivanti per i diversi livelli culturali del pubblico.

Ciò può avvenire attraverso sovvenzioni pubbliche per programmi culturali, premi per il giornalismo di qualità e collaborazioni tra scuole, università e piattaforme mediatiche per creare contenuti educativi che possano competere con il trash in termini di appeal.

Ovviamente, per arrivare a tali contributi, la politica deve comprendere che cultura e salute sono le uniche due voci di spesa che non dovrebbero essere tagliate mai per costruire un mondo migliore.

 

L’IMPORTANZA DEI SOCIAL MEDIA

L’influenza dei social media non può essere ignorata; i social sono il presente e il futuro.

Campagne sociali che utilizzano influencer e celebrità per promuovere la lettura, le visite a musei e la partecipazione a eventi culturali possono avere un impatto significativo, almeno in una fase iniziale, nella speranza che poi la popolazione acquisisca uno spessore culturale maggiore.

Inoltre, piattaforme come YouTube, Instagram e TikTok possono essere sfruttate per diffondere contenuti culturali in formati brevi e coinvolgenti, catturando l’attenzione dei giovani e stimolando il loro interesse per temi più profondi, cercando di sottrarre tali tecnologie di comunicazione a pseudo esperti spesso improvvisati.

 

CULTURA AZIENDALE E SVILUPPO

Anche in ambito aziendale, la promozione di uno sviluppo culturale più autentico e profondo è fondamentale.

Le aziende hanno la responsabilità di coltivare un ambiente che valorizzi il sapere e la crescita personale dei propri dipendenti, perciò è importante investire in programmi di formazione culturale, promuovere la partecipazione a eventi culturali e incoraggiare la lettura e l’auto-miglioramento, tutti passi essenziali per creare una cultura aziendale sana e produttiva.

Soprattutto, una cultura in grado di reggere le sfide che ci attendono, tra competizione sempre più agguerrita e l’avvento di robot e macchinari gestiti da intelligenze artificiali.

Le aziende che già adottano queste pratiche non solo migliorano il benessere dei loro dipendenti, ma aumentano anche la loro competitività, perché un ambiente di lavoro che valorizza la cultura e il sapere stimola la creatività, l’innovazione e la gratificazione personale, portando a risultati migliori sia per i dipendenti che per l’azienda stessa.

D’altro canto, le aziende devono capire che il mondo è cambiato. L’era in cui dipendenti con la terza media erano costretti a sentirsi dire, dopo un colloquio, “le faremo sapere” è stata superata da quella attuale, in cui sono i dipendenti diplomati, e spesso laureati, a rispondere “vi farò sapere, dopo aver scelto tra le varie proposte che ho”.

Creare benessere in azienda non può più tramutarsi solo nell’aumento di stipendio, nella flessibilità oraria e in qualche benefit, ma coinvolge un discorso culturale a trecentosessanta gradi.

 

RISCOPRIRE IL VALORE DELL’UMANESIMO

È necessario riscoprire e rinnovare il valore dell’umanesimo.

La saggezza di filosofi come Socrate, Platone e Aristotele ci ricorda l’importanza della ricerca della verità, della giustizia e della bellezza.

Questi valori devono essere al centro del nostro discorso pubblico e della nostra educazione. Solo così possiamo sperare di formare cittadini consapevoli, critici e appassionati del sapere.

Solo promuovendo una cultura del pensiero, le aziende riusciranno a innovarsi, attingendo a un bacino di conoscenze, creatività e saperi sempre al passo con i tempi.

Solo proponendo modelli, icone ed eroi acculturati riusciremo a elevare il livello culturale della popolazione, costringendo i media a proporre i programmi di qualità che saranno richiesti dalle popolazioni del futuro, se verranno attuate le misure atte a promuovere la cultura.

D’altronde, non c’è da perdere tempo, perché la posta in gioco è altissima: il futuro delle prossime generazioni e delle aziende, il futuro e la qualità della nostra società, dipendono dalla nostra capacità di promuovere e valorizzare i saperi, la bellezza e la profondità culturale.

Promuovere la cultura in ogni ambito significa costruire un futuro migliore.

E non esiste futuro migliore che non contempli un impegno che comincia oggi.

Pasquale Di Matteo

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