GENEROSO… MA MAI SCONTATO

Un articolo di Alessandro Carli

Viviamo in una società ed affinché una società possa prosperare gli individui che ne fanno parte devono contribuire… a volte avendone un ritorno e altre volte in modo del tutto gratuito.

Ma quando uno a quando l’altro? E quanto?

Non sono queste le domande giuste poiché inducono automaticamente a fare dei calcoli su qualcosa su cui non possono essere fatti calcoli.

Fino a che punto posso o devo essere generoso è esattamente come chiedersi fino a che punto posso guadagnare: ognuno di noi ha i suoi limiti (autoprodotti), nel dare come nel ricevere, ed è più una questione di equilibrio che di quantità e, comunque, non è solo una questione di soldi, in quanto la generosità spazia su più ambiti.

Posso essere illimitatamente ricco, di qualunque ricchezza si tratti, come posso essere illimitatamente generoso: lo ripeto e sottolineo, non è questo il punto.

Il punto è come gestisco mentalmente ed emotivamente questo equilibrio, che non è poi tra ciò che do e ricevo, ma nel modo in cui medio tra il dare e l’avere  nelle varie aree della nostra vita.

Il dare e avere non si stabilisce – o non si dovrebbe soltanto stabilire – in base alla tipologia dello scambio, ma sul suo valore.

Mi spiego.

 

Un mondo materialista

Il denaro appartiene alla nostra sfera materiale e, quindi, ha senso unicamente come scambio per l’acquisto di beni materiali: cibo, casa, attrezzi, prestiti, vacanze, ecc. Chi stabilisce il controvalore in denaro di questi beni? Il mercato. Non ci sono storie: o hai i soldi per pagare il bene materiale o lo lasci lì ed il prezzo trova un equilibrio grazie alla concorrenza (in un mercato libero).

Essendo beni materiali, il focus è sulla soddisfazione di un bisogno, ma cosa succede se ciò che si acquista ha un valore emozionale? Ad esempio, hai bisogno di un avvocato o di un medico o di un coach/psicologo, ecc.: su quale base si stabilisce il prezzo?

Dovresti chiederti che valore dai alla tua libertà, alla tua salute/vita, al tuo benessere interiore, ecc…

Già più di 2000 anni fa, Cicerone diceva che “non è possibile mettere un tetto al prezzo finché non si mette un tetto al desiderio”.

Perché un principe del foro, un luminare o un coach di grido possono chiedere 10, 20, 100 volte di più, per il loro servizio, di quanto non chiedano i loro colleghi meno quotati? Semplicemente perché il prezzo non viene stabilito su aspetti oggettivi (tipo i vari costi pagati per produrre un bene materiale), ma soggettivi, cioè sulla forza del desiderio che si prova a livello emozionale.

Quello che è disposto a pagare non è il servizio in sé, ma la sicurezza di avere, almeno sulla carta, il risultato voluto andando da colui/lei che si suppone essere tra i migliori, se non IL/LA migliore.

Sia per quanto riguarda i beni materiali che quelli emozionali c’è comunque un equilibrio, poiché è sul valore che si stabilisce il prezzo, in modo oggettivo e soggettivo rispettivamente.

 

Ridimensionando il valore del denaro

Riconosco che il preambolo sia un po’ lungo, ma non mi sarebbe stato altrimenti possibile entrare nel merito dell’articolo e che inizio con una domanda: “in cosa consiste la generosità? Quando ‘dare’ è generosità e quando è invece altro?”

Purtroppo, siamo un po’ tutti istintivamente focalizzati sugli aspetti fisico/materiali della nostra vita e quando si parla di generosità lo si fa riferendosi quasi esclusivamente al denaro… il che è una profonda distorsione della realtà.

Stiamo parlando di valore, non di denaro, e se è sul valore che dobbiamo focalizzarci, cos’è che rende qualcosa di valore?

Per me, la risposta è ovvia: ha valore ciò che ha un reale impatto sulla nostra ed altrui vite.

Il denaro, esistendo al solo livello materiale, non può che risolvere un problema immediato, un bisogno che, in quanto tale, si ripresenterà certamente. Pertanto il suo valore è in effetti basso sul lungo periodo.

Perché, allora, diamo così tanto valore al denaro? In realtà, non è proprio così. Diamo importanza, non valore, al denaro perché esso risolve unicamente i nostri problemi quotidiani, ma non aggiunge alcun reale valore alla nostra esistenza vista nel suo insieme.

Prova ne è che tra chi, come ad esempio la d.ssa Kübler-Ross, ha lavorato a lungo con malati terminali ed ha potuto ascoltare i maggiori rimpianti di chi si trovava in punto di morte, nessuno ha riportato di aver sentito qualcuno dirsi pentito di non avere avuto o fatto abbastanza denaro. Nemmeno lontanamente!

 

Ciò che determina la generosità

Tornando alla generosità, se allora non è col denaro (o quantomeno in minima parte) o più in generale con le cose fisiche che la si esprime, cos’è che dà ad essa così tanto valore?

Sono tre le cose che lo fanno: la gratuità, la qualità e l’autostima.

  1. La gratuità – Ciò che fa parte di me (quindi non ciò che è materiale) e che dunque mi appartiene a pieno titolo ha un immenso valore. Tra questi c’è il tempo, l’impegno, l’esperienza, la conoscenza, la gentilezza, la disponibilità… ma anche la saggezza, la chiarezza, l’apertura, l’amore, ecc. Certo, alcune di queste “dotazioni” sono acquisite, spesso con una certa fatica, e su di esse ci si costruisce legittimamente una professionalità che dev’essere remunerata… ma allora non si può più parlare di generosità. Tuttavia, il “di più” che viene dato, in qualsiasi forma, rispetto al mero rapporto professionale, senza essere compensati, è certamente generosità.
  2. 2. La qualità – La qualità non viene qui intesa come pregio, che è comunque importante, ma come varietà. Esistono tantissime qualità di cose che possiamo condividere gratuitamente. Si può certamente condividere qualcosa di materiale senza alcuna aspettativa di ritorno (un invito a cena, un passaggio in auto… perfino denaro!); ma anche qualcosa che va a rafforzare la relazione, come dare fiducia, dare sostegno, dare coraggio, ecc.; oppure qualcosa di più a livello mentale, come un insegnamento, un “segreto” per migliorare qualcosa, una diversa prospettiva, ecc.; e ancora, qualcosa di più profondo, che va a toccare l’anima stessa della persona, come la vicinanza/presenza, il perdono, la pazienza, il credere in lei. Più è varia la qualità di ciò che si offre di noi, e più diventa evidente la nostra generosità.
  3. L’autostima – Forse questa non era molto aspettata, ma se ci pensi un attimo, è ciò che dà veramente valore alla generosità. Proviamo autostima quando riconosciamo a noi stessi un alto valore, sennò che autostima è? Ha senso? E se non proviamo autostima, che valore daremo a ciò che diciamo di offrire generosamente? Poco. E se non c’è valore, l’altro lo percepirà e si sentirà perfino mortificato. Sarebbe come invitare qualcuno a cena e dargli un toast con mezzo bicchiere d’acqua. Certo, l’intenzione non sarà quella, ma ciò che traspare è questo. Se non credo in me, come posso dare valore alla fiducia, al sostegno, all’insegnamento, alla vicinanza, ecc. che do?

 

Conclusione

Affinché non solo l’altro possa riconoscere la mia generosità, ma anche io stesso, ciò che do deve diventare un’esperienza arricchente per entrambi.

Alla fine, però, resta la domanda: capisco che se do generosamente, l’altro ne beneficerà ed io proverò una certa soddisfazione… ma, concretamente, cosa me ne viene?

La generosità è, per definizione, puro altruismo e porsi questa domanda dopo aver letto l’articolo sarebbe per me sconfortante, ma visto che si vuole andare sul concreto, a chi affideresti un incarico e daresti la tua fiducia? O con quale partner in affari vorresti avere a che fare? Con chi ti ha dimostrato generosità e interesse gratuiti o con chi fa solo calcoli?

Non dovrebbe essere difficile rispondere…

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