LA PARTITA IVA NON è PER TUTTI…analisi di un post virale!
Un articolo di Federica Colonna
Circa due settimane fa ho fatto un post con toni abbastanza duri, su un argomento che non pensavo facesse cosi scalpore: la partita iva non è per tutti!
A mio avviso, è una cosa abbastanza scontata e banale da dire… eppure questo post ha fatto quasi 47.000 visualizzazioni ed è stato commentato 173 volte.
In questa sede non voglio ripetermi su quanto già detto, ma piuttosto sulla tipologia di commenti che sono stati fatti, e su come viene percepito l’argomento.
Per chi non lo avesse letto, riassumo in poche parole il senso di quanto scritto.
La partita IVA non è per tutti!
– Non tutti sono adatti alla vita da freelance, fatta di incassi incerti, clienti difficili e continui imprevisti.
– Molti si lanciano nell’autonomia per sfuggire a un ambiente aziendale tossico, ma poi si scontrano con la dura realtà: clienti che non pagano, richieste assurde, costi e tasse da gestire.
- I guru che promettono successo facile mentono.
- Il lavoro indipendente richiede fatica costante, competenze, visibilità e strategia per attrarre clienti.
Se non sei disposto a impegnarti davvero, forse la partita IVA non fa per te.
E cosa c’è di nuovo? Niente direi… ma i commenti che sono stati fatti sono:
- È colpa delle tasse
- Bisogna andare all’estero
- Molti sono obbligati a lavorare a partita iva in posti da dipendenti
- Sono disoccupato, non lavoro, cosa posso fare…
- Il post crea confusione e spaventa
Il focus del post era tutt’altro, ma è venuto fuori un malessere generale che non pensavo ci fosse, oltre ad una serie di argomenti delicati, come quello delle “finte partite iva”, che forse sarebbe opportuno affrontare in un post a parte e con professionisti del settore HR e consulenza del lavoro.
Affrontiamo le contestazioni “off topic”, cercando di dare una spiegazione, ovviamente dal mio modestissimo punto di vista.
- E’ colpa dello Stato e delle tasse
Lo Stato è il socio occulto di tutti… freelance, imprenditori, dipendenti… ma si sa! Sta a noi scegliere in che modo e in che percentuale renderlo socio.
Mi spiego meglio.
Quando decidiamo di avviare un’attività, in base a valutazioni che si fanno PRIMA di aprire una partita iva, si sceglie a che Regime fiscale appartenere… Forfettario, semplificato o ordinario.
Ognuno di questi regimi ha le sue regole fiscali e contabili, ed in base ai quali si pagano le imposte.
Tutti questi aspetti vanno valutati prima, in modo da poter fare una pianificazione economica finanziaria e fiscale, e organizzare tutti gli aspetti al meglio.
Per questo dico sempre che ci vuole una strategia e un’organizzazione meticolosa e precisa.
Nulla è lasciato al caso.
- Bisogna andare all’estero
Se non hai una mente imprenditoriale, se non hai le idee chiare, non hai competenze e pensi che la partita iva sia la soluzione “facile” per fare soldi e lavorare meno… l’estero non è la soluzione.. parola di chi all’estero ci vive.
Dipende sempre dal luogo in cui si sceglie di fare impresa, perché ogni Stato ha le sue regole fiscali, ma come detto nel punto 1… il fisco è un fattore che si valuta prima di iniziare a fare impresa.
Il problema è a monte…. Il problema è nella mentalità di chi fa impresa e si improvvisa.
E poi non demonizziamo sempre l’Italia, perché ancora, nonostante tutto, l’Italia lascia molta “possibilità di manovra”.
Un esempio: la promiscuità delle spese in Italia è prevista, in Spagna ad esempio no! In Italia si possono dedurre le spese con fatture estere inerenti all’attività, in Spagna per poterlo fare, devi fare una traduzione giurata (cioè spendere dei soldi), affinchè quelle spese possano essere presentate all’Hacienda.
- Sono disoccupato, dimmi come si fa a fare il consulente… che altro posso fare!
La partita iva non è la soluzione… se non si ha un’idea chiara del servizio da offrire, se non si ha esperienza o peggio, non si ha nessuna idea di cosa voglia dire organizzarsi per lavorare in proprio… ci si fa solo che male.. e tanto!
E non è colpa dello Stato!
- Molti sono obbligati ad aprirla per poter lavorare
Come dicevo prima, questo è un argomento molto delicato e particolare, che andrebbe affrontato in una sede a parte, magari con chi si occupa di reclutamento del personale o con un consulente del lavoro.
La mia opinione, da ex dipendente (21 anni…non due giorni) e da partita iva, è che nessuno dovrebbe MAI essere messo nelle condizioni di fare una cosa del genere.
Per molte ragioni:
- il lavoro full time presso un solo committente, non ti mette nelle condizioni di suddividere le fonti delle entrate (avere più committenti), caratteristica tipica di chi ha la partita iva.
- Non si hanno le stesse garanzie che ha il lavoratore dipendente (vedi ad esempio la malattia)
- I contributi te li paghi da solo
- Verresti sottopagato, perché al compenso devi togliere le tasse
- Ci guadagna solo l’azienda che fa una cosa assolutamente scorretta
Capisco la necessità di guadagnare, ma chiediti sempre se vale davvero la pena.
- Il post crea confusione e spaventa, il problema è non saper fare le offerte commerciali giuste.
La confusione la crea chi millanta guadagni da capogiro in 5 secondi e promette soluzioni “chiavi in mano” per scappare da un lavoro da dipendente poco appagante.
Le offerte commerciali giuste le fa chi ha idee abbastanza chiare in testa su cosa vuole offrire e a chi rivolgersi, cosa che molte partite iva improvvisate, mosse appunto dalla promessa di soluzioni facili, non sa!
Io non spavento, semplicemente espongo in modo diretto (forse troppo), quella che è la realtà… la stessa realtà che ho affrontato io dopo 21 anni di lavoro dipendente a tempo indeterminato con tutte le garanzie del caso.
Secondo voi è meglio romanzare la realtà per poi creare un esercito di persone insoddisfatte e magari indebitate con il fisco, o dire subito come stanno le cose?
Tralasciamo i commenti fuori luogo da leoni da tastiera tipo: “sei peggio di Vanna Marchi” “se la partita iva non fa per te, chiudila e non attaccare questi pipp*ni”, “sei una persona negativa”…. Che lasciano il tempo che trovano.
Tu che ne pensi?