Quando la banca parla difficile… il rischio di non capire è tutto tuo!

Un articolo di Patrizio Gatti

 

 

Qualche anno fa, mentre sorseggiavo un aperitivo in spiaggia con un mio amico, Gianni, lui mi racconta che per la sua azienda ha deciso di cambiare banca. Con i suoi soci aveva già fatto con me anni prima un corso base sul controllo di gestione e pianificazione, ma ora si trovava a dover gestire una questione bancaria reale.

Era stanco del trattamento che la sua vecchia banca gli riservava e voleva aprire un nuovo conto corrente con un fido per la sua azienda.

Gianni aveva già in mente un istituto, perché alcuni conoscenti gliene avevano parlato bene. Io, avendo avuto a che fare con alcuni funzionari di quella banca per altri clienti che ne erano effettivamente soddisfatti, gli segnalai semplicemente il nome di una funzionaria che stimavo, perché sapevo essere gentile e preparata.

 

L’incontro in banca e la sorpresa.

Gianni prende appuntamento, va in banca, spiega le sue esigenze e chiede di ottenere le stesse condizioni del conto che aveva con la sua attuale banca. La funzionaria gli dice che faranno il possibile per venire incontro alle sue richieste.

Dopo giorni di scambi di email e trattative, finalmente aprono il conto.

Passa poco tempo e iniziano ad arrivare le prime contabili… e sorpresa. Le condizioni applicate non erano quelle concordate.

Gianni, giustamente, chiama la funzionaria per capire cosa stesse succedendo.

Il suo messaggio è chiaro: se non avessero rispettato gli accordi, avrebbe chiuso subito i conti.

Lei, un po’ imbarazzata, gli dice che la situazione le è sfuggita di mano, ma che avrebbe ricontrollato tutto in fretta e provato a sistemare le cose.

Dopo un po’, la funzionaria lo richiama e parte con una spiegazione molto tecnica, in “banchese” stretto.

Rating, spread sull’Euribor, scoring, centrale rischi, analisi degli indici del bilancio al 31/12… Un sacco di termini tecnici.

 

“Ma che cavolo ha detto?!”

Gianni, anche se è un imprenditore con dipendenti e collaboratori, ed è pure un ingegnere informatico, non ha familiarità con i termini bancari. E proprio per questo si segna tutto quello che la funzionaria gli dice.

 

Pochi minuti dopo, mi chiama e mi dice che è stato contattato dalla banca:

“Ma che cavolo ha detto? Ho capito qualcosa, ma me lo puoi rispiegare tu?”

Mi legge l’elenco: rating, scoring, spread, indici di bancabilità, centrale rischi…

A quel punto, traducendo ciò che lui mi diceva, gli spiego che in sostanza il problema era legato al rating e che, molto probabilmente, la banca non aveva mantenuto le condizioni inizialmente concordate proprio per questo motivo.

Cosa era successo?

In fase di apertura, avevano applicato alcune condizioni standard, senza considerare ciò che era stato concordato. E qui c’è stata anche una leggerezza da parte di Gianni, che ha firmato le condizioni standard senza preoccuparsi di leggerle bene.

Una volta partito il rapporto, la banca non poteva offrire subito le stesse condizioni della vecchia, perché voleva prima testare l’azienda. E qui è mancata una comunicazione chiara da entrambe le parti: probabilmente il cliente non aveva capito oppure la banca non si era spiegata bene sul perché le condizioni non si potessero mantenere sin dall’inizio.

Il problema chiave? Il rating.

Il rating bancario è il “voto” che la banca assegna a un’azienda in base al rischio di credito. Si calcola tenendo conto di vari fattori, tra cui:

  • Bilanci e redditi degli anni precedenti.
  • Andamento dei conti correnti e rapporti bancari (se sei già cliente e hai sempre pagato i finanziamenti in corso senza sconfinare, è un punto a favore).
  • Centrale Rischi (il database della Banca d’Italia che raccoglie le informazioni sui debiti bancari e finanziari delle aziende, utile per capire se un’impresa gestisce bene i suoi rapporti con i finanziatori).

 

Ma il rating non dipende solo dai numeri passati. Oltre ai dati economico-finanziari, la banca valuta anche fattori qualitativi e strategici, che incidono sulla solidità e affidabilità dell’impresa nel lungo periodo:

  • Storia e tradizione aziendale (anni di attività, reputazione, continuità del business).
  • Rapporti tra i soci (struttura della proprietà, eventuali conflitti interni).
  • Corporate governance (chi guida l’azienda, competenze del management).
  • Organizzazione e sistemi gestionali (efficienza operativa, controllo di gestione).
  • Posizionamento competitivo (quota di mercato, vantaggi rispetto ai concorrenti).
  • Innovazione e investimenti in nuove tecnologie.
  • Indagini sugli andamenti di mercato (trend del settore, rischi e opportunità).

E poi ci sono i fattori quali-quantitativi, che combinano numeri e gestione strategica:

 

  • Business plan e budget aziendali.
  • Capacità di pianificare i flussi di cassa futuri e la gestione finanziaria dell’azienda.

Se un’impresa dimostra di avere un business plan ben elaborato e attendibile e una gestione strategica ben strutturata, può migliorare il proprio “voto bancario” e, di conseguenza, ottenere condizioni migliori dalle banche.

Nel caso di Gianni, il rating era più basso rispetto a quello della sua banca storica perché, in questo caso, si trattava di un rapporto nuovo. Non avendo uno storico con quella banca, per loro era un’incognita.

E quindi? Niente condizioni sperate.

 

Cosa ci insegna questa storia?

  • Spesso i bancari, non per superiorità ma per abitudine, usano un linguaggio tecnico senza nemmeno rendersene conto e, di conseguenza, senza accorgersene, non si preoccupano se il cliente abbia davvero chiaro il messaggio, perché a volte danno per scontato che tutti capiscano le loro terminologie.

 

  • Se vuoi affrontare da solo una richiesta di finanziamento, la prima cosa da fare è capire i numeri della tua azienda e imparare almeno gli indici più importanti che la banca analizzerà ed alcuni termini che utilizzerà.

Perché? Perché in questo modo puoi anticipare tu stesso la situazione della tua azienda, invece di lasciare che siano loro a dirtelo – nel bene o nel male.

 

  • Prima di accettare qualsiasi condizione, chiedi spiegazioni in parole semplici. Non avere paura di disturbare o di rinegoziare gli accordi. Rispetta la banca, ma fatti rispettare come faresti con qualsiasi altro fornitore importante.

 

E tu, tieni sotto controllo il comportamento della tua banca, oppure è la tua banca che controlla te?

 

Patrizio Gatti

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