Il “viaggio dell’eroe” tra mito e realtà

Un articolo di Alessandro Carli

 

Per professionisti come me, cioè diverse milionate in Italia e all’estero, che devono sgomitare su internet per trovare il loro piccolo posto al sole come a ferragosto in una spiaggia libera della Versilia (e, ne sono certo, anche altrove), i grandi guru del marketing – che non peccano certo di fantasia – hanno tirato fuori dal cappello una nuova figura mitologica: l’eroe che, dopo inenarrabili difficoltà e traversie, riesce a vincere la sua guerra e tornare a casa accompagnato da canti di giubilo e corone d’alloro accatastate in testa.

Si chiama, per l’appunto, il “viaggio dell’eroe” e consiste nel raccontare sui vari media le forti difficoltà che un professionista (leggi coach) ha dovuto affrontare e che ha superato grazie alla propria tenacia, ad un’incrollabile fiducia nei propri mezzi ed a ciò che ha dovuto faticosamente imparare.

Si sa, la gente ama gli eroi… ma ama ancora di più gli happy ending, come nelle più classiche delle commedie romantiche. Perché, giustamente, il protagonista può anche aver lottato per anni contro ogni sorta di avversità, può anche aver perso tutto quello che aveva, può anche essersi trovato da solo perché nessuno credeva in lui e ciò nonostante non ha mai smesso di combattere… Se però poi alla fine non ne esce vittorioso, di cosa stiamo parlando?

Ho detto che la gente ama gli eroi? Mi sono sbagliato: in realtà, la gente ama i vincenti, perché oggi gli eroi che perdono li chiamiamo sfigati e nessuno vuole identificarsi con uno sfigato. Ed è per questo che il viaggio dell’eroe deve tassativamente contemplare il superamento vittorioso ed altisonante di ogni avversità.

Alla fine, pensandoci bene, è normale che le cose funzionino così, no? Ancora una volta, sono i risultati a dettare legge. Come si dice, solo i risultati contano, alla fine.

Vero, ma… quali risultati?

 

“Se ci sono riuscito io, puoi riuscirci anche tu!”

Il paradosso è che il viaggio dell’eroe dovrebbe servire ad incoraggiare te che ricevi questo messaggio, questo “racconto”, a non mollare perché una soluzione c’è sempre, perché c’è qualcuno che si è trovato nelle tue stesse difficoltà e le ha superate. E se le ha superata lui, puoi anche tu superare le tue, no…?

Ovviamente, solo se ti farai guidare da chi c’è passato prima di te, altrimenti resti col cerino in mano: così t’impari, tiè!

La super-str…xata del millennio!

Se un qualsiasi marchingegno smette di funzionare, anche un tecnico con un minimo di esperienza può piuttosto facilmente risalire al guasto ed aggiustarlo. Quante potranno essere, infatti, le possibili cause di uno specifico problema tecnico? A meno che non sia un meccanismo molto complesso e sofisticato, saranno due, tre… cinque, toh!

In un sistema incommensurabilmente complesso come quello in cui tutti viviamo, un unico problema può risalire a centinaia, migliaia, se non milioni di possibili cause che partono da chissà dove, da chissà quando, da chissà chi e da chissà perché.

E tu vuoi dirmi che se una persona – poniamo un coach – per quanto capace e tosta, è stata capace di uscire da eroe da un viaggio anche molto provante, allora è in grado di aiutare te a fare altrettanto? Ma su quale galassia?

 

Promesse… promesse…

Con così tante possibili cause, anche se uno stesso effetto dovesse manifestarsi in modo identico, il problema non potrà mai essere davvero lo stesso, per non parlare poi del fatto che ogni singolo individuo ha modalità uniche di rapportarsi con gli eventi.

Nessun eroe ha mai dovuto affrontare la stessa sfida che hanno affrontato altri.

Questo significa allora che il coaching è non soltanto inutile, ma perfino ingannevole? Non il coaching in sé, naturalmente, ma la proposta.

Intanto, un coach non risolve problemi: un bravo coach li crea… Non te l’aspettavi, questa, eh?

In secondo luogo, non fa (o non dovrebbe fare) riferimento alle proprie vicissitudini del passato per lavorare con un cliente che affronta una situazione simile alla sua.

Ne consegue che, terzo, lavora sulla correzione di quelle dinamiche  operative, emozionali e mentali inefficaci che il cliente ha adottato finora.

Quarto, aiuta il cliente a tirare fuori il SUO eroe, non capitalizzando sull’immagine che ha creato di sé a scopo commerciale.

Il punto è che il vero problema non è quello che una persona si trova ad affrontare materialmente, ma ciò che lo ha causato, ciò che il cliente ha “permesso” che accadesse o che ha inconsapevolmente provocato a causa delle sue scelte poco felici o dei suoi maldestri atteggiamenti.

 

A proposito di risultati…

Nel coaching, l’unico reale risultato, l’unico che conta davvero, non è ciò che riesci ad ottenere, ma il cambiamento che fai grazie ad esso.

Credi forse che i coach abbiano tutte le risposte alle loro stesse esigenze? Credi che non abbiano cose da mettere a posto nella loro vita e che non sbaglino? Credi che non abbiano loro stessi bisogno di ciò che propongono?

Anche loro (noi) fanno coaching con un loro pari perché è relativamente facile, per chi conosce il mestiere, capire cosa non funziona in ciò che il proprio cliente fa, ma capire cosa non funziona in loro stessi è tutt’altra cosa e si ha bisogno di qualcuno che li aiuti.

Una volta si diceva dei preti: “Eh, predicano tanto e poi… anche loro…!” Oggi quei “preti” siamo noi coach e spesso si fa fatica ad accettarlo perché siamo un po’ come quei calzolai che vanno in giro con le scarpe rotte o i medici che fumano e bevono a sfare.

Questo perché spesso nemmeno noi capiamo che i risultati non sono soltanto quelli che si vedono, ma le tante battaglie interiori che ingaggiamo con noi stessi e che alla fine superiamo… ognuno a modo proprio. Ed è ciò che i nostri stessi clienti devono fare.

I risultati arriveranno quando è il loro momento, come per tutto ciò che avviene in natura, ma è ciò che uno riesce infine a provare dentro di sé ed a proposito di sé, grazie ad un percorso serio, la vera vittoria, poiché questo è il seme che si trova nascosto sotto la terra, da cui però nascerà la pianta che solo allora tutti vedranno.

È questo il vero viaggio dell’eroe, dove viene vinto il nemico che si ha dentro di noi, non i mulini a vento che si trovano fuori.

Non si cresce perché si vince; si vince perché si cresce.

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Se senti che dentro di te c’è un eroe che aspetta solo di manifestarsi, parlamene per capire come puoi aiutarlo ad uscire. Se non vale la pena questo… cosa, allora?

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