UNA PANORAMICA COMPLETA SULL’INVIDIA NEI CONTESTI PROFESSIONALI E DIGITALI

 

Un articolo di Pasquale Di Matteo

PREMESSA: UN VELENO SISTEMICO

L’invidia è l’arma tossica di chi, sentendosi svuotato di valore, tenta di riempire il proprio vuoto esistenziale sabotando l’immagine degli altri. Uno strumento, una strategia di comunicazione che porta l’invidioso in un campo minato fatto di sotterfugi, di macchinazioni, verbali e non, dove ogni complimento è costruito e falso, ogni silenzio un boicottaggio, ogni sorriso una maschera che nasconde il rancore.

Chi è mosso dall’invidia non danneggia solo la vittima, ma si condanna a essere percepito come un parassita relazionale, incapace di creare valore, ma espertissimo nel distruggerlo.

“L’invidia è un’attitudine che è una comunicazione di sé pessima, perché è la firma indelebile di chi ha smesso di competere sul merito per dedicarsi all’arte miserabile dell’abbassamento dell’altro.”

Non è un semplice “difetto caratteriale”, come molti, ingenuamente, pensano, ma una ferita narcisistica complessa, profonda e pericolosa, radicata nella percezione di ingiustizia relazionale e nella minaccia all’autostima, che alimenta la voglia perniciosa e irrefrenabile di essere al centro dell’attenzione. Sempre e comunque.

Nei contesti lavorativi e digitali, si trasforma in un agente corrosivo silenzioso, poiché compromette la coesione dei team, la produttività e il benessere psicologico. In questo articolo, stilerò una sorta di “lista della spesa” di tutti i fattori più importanti che ruotano intorno al fenomeno dell’invidia, in stile (a, b, c), fornendo, alla fine, una ricetta per gestirla, combatterla ed eliminarla.

  1. FATTORI SCATENANTI: LA COMBUSTIONE EMOTIVA
  2. DISPARITÀ PERCEPITE

L’invidia esplode quando si verificano alcuni fattori scatenanti.

  1. Riconoscimenti pubblici (promozioni, bonus) che vanno a colleghi ritenuti “immeritevoli”.
  2. Il successo appare legato a favoritismi, nepotismi o fortuna, non al merito.
  3. Le risorse sono scarse e competitive (es.: un solo posto di carriera disponibile).

La mente legge queste asimmetrie come tradimenti sistemici quando la persona non si sente all’altezza della situazione e/o degli altri.

  1. VULNERABILITÀ INDIVIDUALI

Alcune personalità sono polveriere.

  1. Bassa autostima professionale, perciò la persona ha una sensazione cronica di inadeguatezza che amplifica ogni confronto.
  2. Sovra-identificazione con il lavoro. Quando l’idea di valore che la persona ha di sé dipende solo dai successi professionali, ogni fallimento altrui diventa un sollievo patologico. Un modo per abbassare il livello dell’altro per sentirsi migliore.
  3. L’orientamento alla rivalità è tipico di chi cerca costantemente confronti sociali e vive in uno stato di allarme tossico e alla continua ricerca di protagonismo. Ciò avviene anche nelle persone di successo, ma, in questo caso, i loro impulsi sono orientati alla generatività e non alla distruzione.
  4. CONTESTI ALIMENTANTI

Alcuni ambienti (lavorativi e non) sono serre d’invidia.

  1. Culture iper-competitive che premiano l’individualismo sulla collaborazione.
  2. Criteri di avanzamento di carriera oscuri, che generano sospetti paralizzanti.
  3. Successi di alcuni celebrati dai responsabili, mentre quelli di altri restano invisibili.

Il mix letale?

Disparità oggettive + fragilità soggettive + contesti disfunzionali + ricerca di protagonismo.

  1. COMPORTAMENTI DEGLI INVIDIOSI: L’ARTE DELLA GUERRIGLIA RELAZIONALE

Ma come agisce concretamente l’invidioso?

Vediamo un’altra parte di questa “lista della spesa.”

  1. NEI TEAM DI LAVORO: SABOTAGGIO IN MASCHERA
  2. Omissioni strategiche: “dimentica” di condividere informazioni cruciali.
  3. Complessi avvelenati: “Che fortuna che hai avuto con quel cliente!”
  4. Esclusioni calibrate, con la creazione di sottogruppi informali che isolano il bersaglio, gruppi in cui parlare male del bersaglio per metterlo costantemente in cattiva luce.
  5. IN RIUNIONE O IN CHAT DI GRUPPO, MICRO-AGGRESSIONI CALCOLATE
  6. Interruzioni mirate, per silenziare sistematicamente il bersaglio e/o metterlo in cattiva luce.
  7. Linguaggio non verbale denigratorio, sguardi di scherno, sospiri teatrali… per sottolineare non solo il proprio disappunto, ma per veicolare l’idea che il bersaglio dell’invidia stia dicendo castronerie inenarrabili a prescindere.
  8. Marginalizzazione dialettica, attraverso il continuo sminuire proposte con domande pseudo-tecniche, tipo “Hai considerato l’impatto sul ROI?”, oppure con affermazioni egocentriche, come “Per me, invece…”, focalizzando sul proprio pensiero anche concetti che trascendono le proprie competenze specifiche, i propri studi, i ruoli…
  9. SUI SOCIAL MEDIA: LA GUERRA IBRIDA
    1. Commenti a doppio taglio: “Finalmente un tuo successo! Ricordo le tue difficoltà quando…”.
    2. Oscuramento digitale. Like a post di colleghi “non minacciosi”, ma silenzio assoluto, invece, sul bersaglio dell’invidia. La negazione è spesso una strategia difensiva che l’invidioso attua per sentirsi meglio.
    3. Narrazioni competitive. Postare propri successi solo in risposta a post di successi altrui, come a voler dire “Vedi? Ci sono anch’io!” Oppure accentuare in ogni contesto la “parolina magica” dell’invidioso top: umiltà. “Per me ci vuole umiltà…” Una parola che, per carità, talvolta è citata a proposito ed è pertinente, ma, il più delle volte, è un campanello d’allarme.

Massima attenzione da prestare soprattutto negli spazi digitali, perché è proprio sui Social network che l’invidia diventa più sottile, più persistente, più dannosa. Addirittura perniciosa. Ed è lì che, oggi, avviene maggiormente lo sgretolamento dell’armonia dei team.

  1. PROFILO PSICOLOGICO DELL’INVIDIOSO

CARATTERISTICHE PECULIARI

  1. Auto-focalizzazione patologica, per cui il successo altrui è vissuto come furto di opportunità personali.
  2. Dissonanza cognitiva, che si manifesta con il disprezzo per il rivale, unito all’ossessione per emularlo, spesso con il tentativo di dimostrarsi migliore anche se le competenze lavorative sono differenti e/o mancano del tutto.
  3. Incapacità di gioire per gli altri, contrapposta a un’esuberanza eccessiva per le proprie situazioni lavorative e di vita.
  4. Proiezione delle insicurezze con svalutazione sistemica: “È arrivato dov’è ora solo perché è un opportunista… è fortunato… conosce tizio… è solo fuffa”.

COMPORTAMENTI PREDITTIVI

  1. Ricerca di alleati per creare fazioni anti-bersaglio. Accade nei corridoi, ma anche sotto ai post sui Social, con like e commenti ammiccanti per chi critica il post scritto dal bersaglio. “Per fortuna c’è qualcuno che ragiona ancora… potremmo collaborare…”
  2. Rifiuto collaborativo verso progetti che potrebbero avvantaggiare il rivale.

Dietro ogni invidioso c’è una ferita narcisistica che trasforma la vittoria altrui in una sconfitta personale.

  1. STRATEGIE DI PREVENZIONE PER COSTRUIRE ECOSISTEMI SANI
  2. MODELLI STRUTTURALI
  3. Equità procedurale, con criteri di promozione trasparenti e verificabili.
  4. Bonus legati a obiettivi di team, premi peer-to-peer.
  5. DINAMICHE RELAZIONALI
  6. Leadership inclusiva, formando i capi a riconoscere i successi senza creare “prime donne”.
  7. Psico-educazione, attraverso workshop su intelligenza emotiva per riconoscere l’invidia in fase precoce.
  8. AMBIENTI PROTETTI
  9. Policy anti-mobbing, attivando protocolli chiari per segnalare omissioni deliberate.
  10. Sanzioni progressive, dalla mediazione obbligatoria alla sospensione.

Prevenire, ovviamente, non significa eliminare la competizione, ma vuol dire renderla generativa.

  1. STRATEGIE DI RISOLUZIONE, QUANDO L’INVIDIA È GIÀ EVIDENTE
  2. INTERVENTO SULL’INVIDIOSO
  3. Coaching psicologico, lavorando su autostima e autoefficacia, non sulla colpevolizzazione.
  4. Contratti comportamentali, con accordi scritti su comunicazione rispettosa. Esempio: “Niente interruzioni in riunione”, “Niente polemiche tra colleghi sui social”.
  5. SUPPORTO AL BERSAGLIO (ANCHE SUI SOCIAL)
  6. Empowerment comunicativo: “Apprezzo il feedback, ma i dati mostrano che le tesi del post sono corrette”.
  7. Protezione sociale, attraverso l’assegnazione a progetti con team neutrali e mentoring da figure senior.
  8. MEDIAZIONE SISTEMICA
  9. Facilitazione dialettica, attivando sessioni con psicologi del lavoro per smascherare dinamiche tossiche.
  10. Ricalibrazione organizzativa, attraverso una rotazione dei ruoli e progetti cross-functional per rompere le gerarchie, che, soprattutto in alcuni settori, possono promuovere tossicità. Ovviamente, tenendo in considerazione titoli e competenze.
  11. In casi estremi, se il soggetto invidioso non si “normalizza” e se i suoi atteggiamenti non migliorano, valutare l’allontanamento e la conclusione di ogni rapporto di collaborazione. La salvaguardia del team deve venire sempre prima di ogni altra cosa, anche se si trattasse di un fuoriclasse.

Il fuoriclasse è un valore aggiunto solo quando è funzionale alla squadra. Altrimenti, sgretola lo spogliatoio e non si ottengono risultati.

Ricordate i Galácticos, quel Real Madrid pieno di fenomeni che non vinse niente, perché tutti volevano primeggiare e nessuno era a disposizione della squadra?

Un vero leader non vuole né il fenomeno né fare numero, ma cerca di costruire team che abbiano intenti e visioni comuni, in cui ciascuno porti valore aggiunto, secondo le rispettive competenze.

Senza badare a conoscenze, amicizie di vecchia data, simpatie e parentele.

Perciò, trasformare la rivalità e l’invidia in collaborazione richiede coraggio, anche di troncare rapporti, se necessario.

DAL VELENO AL NUTRIMENTO

L’invidia lavorativa è un sintomo di disfunzioni sistemiche, non un tratto morale. Perciò, combatterla richiede tre elementi indispensabili:

  1. Una diagnosi precoce attraverso il monitoraggio del linguaggio verbale e non verbale.
  2. Interventi multilivello (individuale, di team, organizzativo).
  3. Una cultura della trasparenza e della gratitudine collettiva.

Si tratta di elementi tutti presenti nelle dinamiche di team in Giappone, dove i valori del gruppo prevalgono su tutto il resto, realtà che conosco molto bene, lavorando con il Sol Levante dal 2019. E no, non è un caso che il Giappone sia il Paese dell’eccellenza.

Un team che trasforma l’invidia in emulazione positiva è come un ecosistema che compie la magia di trasformare il veleno in nutrimento.

Ma attenzione: la competizione non va eliminata, perché è ciò che rende straordinario un team. Ma solo se la competizione è generativa. Altrimenti, equivale alle metastasi di un cancro incurabile.”

 

Pasquale Di Matteo

Dottore in Scienze della Comunicazione, specializzazione in Politiche internazionali ed Economia, Laureando in Relazioni Internazionali.

Esperienza di oltre sei anni in comunicazione e relazioni con il Giappone; organizzazione e moderazione di eventi artistici e di critica d’arte(in Italia e all’estero); interviste (anche a personaggi noti); analisi geopolitica e sociologica per blog, tv, testate e aziende; gestione comunicazione e branding per professionisti, aziende e politici.

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