Colpevoli o soluzioni?

Un articolo di Paola De Vitis

 

Quante volte, davanti a un errore o a un imprevisto, la prima reazione è stata: “Di chi è la colpa?”
Succede spesso, quasi in automatico. Ma questa abitudine – così radicata in molte realtà lavorative – non risolve i problemi, anzi, spesso li amplifica. Alimenta la sfiducia, frena la collaborazione e sposta l’attenzione dalla vera domanda: “Come possiamo rimediare e fare meglio la prossima volta?”

Voglio riportare una breve storia – che mi è stata raccontata – e che mi ha fatto riflettere su questo tema. Una situazione reale che mostra quanto può essere dannoso – e controproducente – dare la caccia ai colpevoli, invece di costruire una cultura della responsabilità condivisa.

 

Mia figlia è tornata a casa da scuola così:

«Mamma, non indovinerai mai cosa è successo oggi a lezione di storia!»

Il suo insegnante aveva proposto un gioco. Passava tra i banchi e sussurrava a ogni studente se fosse una “strega” o una “persona qualunque”. Poi dette la consegna:

«Formate il gruppo più grande possibile… ma senza una strega. Se nel gruppo c’è anche solo una strega, fallirete tutti.»

 

In pochi minuti, mi racconta mia figlia, la classe cambiò.

Cominciarono i sospetti:

— «Sei una strega?»

— «E come faccio a sapere che non mi stai mentendo?»

 

Alcuni si strinsero in piccoli gruppi chiusi, altri rimasero soli. Bastava un gesto nervoso per scatenare accuse. Sguardi sospettosi, bisbigli, dita puntate. La fiducia si sgretolò in un istante.

 

Alla fine, l’insegnante disse:

«Ora vediamo chi ha perso. Le streghe alzino la mano.»

 

Nessuno si mosse.

La classe scoppiò a ridere.

 

«Cosa? Avete rovinato il gioco!» rise l’insegnante.

Poi aggiunse:

«Ragazzi, pensateci bene… non c’è mai stata nessuna strega. Ma vi siete comportati come se ci fosse davvero.»

 

Cade il silenzio. Gli studenti capirono.

 

Non serviva una strega per distruggere la fiducia. Bastava la paura.

 

E non è forse lo stesso che accade oggi? Cambiano le parole, ma il meccanismo resta identico.

Al posto di “strega” diciamo “complottista”, “pecora”, “vaccinato”, “non vaccinato”, “conservatore”, “progressista”. Le etichette cambiano, ma la logica resta la stessa: insinuare paura, dividere, distruggere la comunità.

 

La verità è che il pericolo non è mai stato nella “strega”.

Il vero pericolo nasce da noi, quando permettiamo a sospetti, bugie e diffidenza di dividerci.

 

Rifiuta di bisbigliare. Rifiuta di giocare a quel gioco.

Perché appena cominciamo a dare la caccia ai “colpevoli”… abbiamo già perso.

 

Paola De Vitis

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