ADEGUATI ASSETTI IN PRATICA
Un articolo di Federica Colonna
Con l’introduzione della normativa sul codice della crisi e degli adeguati assetti, sono stati introdotti nuovi obblighi per le PMI italiane.
Obblighi non solo teorici, ma una vera e propria rivoluzione dal punto di vista organizzativo e pratico.
In verità, le disposizioni su come deve essere organizzata un’impresa non sono una novità: già dal 1998 il legislatore è intervenuto prescrivendo il dovere degli organi sociali di curare che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, mentre è previsto che il collegio sindacale vigili “sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento”.
La vera novità è che ora tutto ciò che era previsto per le grandi aziende, è diventato obbligo anche per le micro e piccole imprese, che sono la maggior parte in Italia.
Ma perché parlo di rivoluzione? In fondo qualsiasi imprenditore sa come amministrare e organizzare al meglio la sua azienda.
Perché si tratta di un vero e proprio stravolgimento della prospettiva dell’imprenditore, che ha sempre valutato l’andamento aziendale a posteriori, e il quale fine ultimo era il profitto, senza guardare troppo al futuro, al welfare aziendale, al lavoro agile etc. etc.
Immaginatevi questi imprenditori, ora costretti a rivoluzionare il loro modo di vedere le cose e stravolgere la propria organizzazione da un punto di vista MOLTO pratico, introducendo operativamente, e non solo in teoria, tanti accorgimenti che non erano proprio mai stati nella loro mente.
E’ una vera rivoluzione culturale, figlia dei tempi, del mondo che va veloce, della tecnologia e dell’Intelligenza Artificiale.
Addio al “si è sempre fatto cosi!”, benvenuto al “ forward looking”.
“Bene Federica, ma a livello pratico che bisogna fare quindi?”
Il legislatore non ha previsto una soluzione standard e uguale per tutte le imprese, ma ha lasciato all’azienda l’autonomia di definire strutture organizzative in base alla tipologia di attività svolta e della dimensione.
Però ha dato delle linee base, definendo quali sono gli standard qualitativi minimali che un assetto adeguato deve garantire per prevenire i segnali di crisi:
a) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario;
b) verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi;
b bis) rilevare l’esistenza di scaduti rilevanti relativi all’esposizioni verso dipendenti, fornitori, banche, altri intermediari finanziari, e creditori pubblici qualificati, oltre il superamento degli affidamenti in qualunque forma concessi;
c) ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui all’articolo 13, comma 2.
Detto in maniera molto più semplice significa cambiare il punto di vista “a posteriori” ed introdurre quello “previsionale”, con una particolare attenzione ai flussi finanziari.
Il monitoraggio a consuntivo rende difficoltoso garantire la continuità aziendale: prevedere e pianificare sono le parole chiave.
Tradotto in modo ancora più semplicistico e pratico, significa che l’imprenditore e le risorse umane all’interno dell’azienda devono riorganizzarsi sotto tutti i punti di vista, introducendo:
- Una contabilità interna che consenta di avere dati previsionali e in tempi brevi, cosa che il commercialista non può garantire;
- Un ufficio amministrativo efficiente, con risorse istruite e capaci di compilare schemi (anche semplici) per la previsione dei flussi di cassa;
- Pianificare e controllare trimestralmente gli scostamenti tra quanto previsto e il risultato ottenuto;
- Software semplici ma efficienti che consentano al risorse interne e/o al consulente esterno che li aiuterà in questo processo, ad ottimizzare i tempi, consentendo previsione e controllo almeno trimestrale;
- Una ridistribuzione effettiva delle mansioni aziendali;
Tutto questo non si tradurrà in semplici direttive teoriche (tipo il libro delle procedure) o in quanti consulenti si pagano per far vedere che “io l’ho fatto eh, ce l’ho messa tutta!”.
Ciò che conta ora è la capacità effettiva dell’azienda di dare informazioni, segnali e indicazioni strumentali a supportare le decisioni degli amministratori allo scopo di preservare la continuità aziendale e di scongiurare la crisi di impresa.
Al fine di supportare l’imprenditore ed i professionisti che lo affiancano, sono stati resi disponibili dal Ministero e dall’ODEC, delle “Check list”, per consentire una valutazione sullo stato attuale degli assetti e sulla eventuale necessità che vengano modificati e/o integrati. Sperando ovviamente che vengano percepite come strumenti che diano valore aggiunto all’azienda e non, ma è più probabile, come un altro noioso adempimento da fare “perché cosi non ho problemi!”.
Noi consulenti cosa possiamo fare?
Diffondere una cultura aziendale più consapevole, che non necessariamente deve stravolgere o cancellare “il vecchio”, ma lo può valorizzare integrandolo con il nuovo.
Personalmente offro ai miei clienti, molte soluzioni: dalla gestione amministrativa, alla formazione, alla tenuta della contabilità interna, alla gestione dei flussi di cassa o, addirittura, alla gestione completa di tutto ciò che è amministrazione contabilità fisco e controllo.
Sempre con tanta semplicità, tatto e rendendo l’imprenditore consapevole delle nuove dinamiche.