AI, IMPRESE E LAVORO

Un articolo di Davide Crisci

 

 

Il tema dell’Intelligenza Artificiale (IA) e del suo impatto sulla società e sui sistemi economici e industriali è estremamente vivo e attuale. È senza dubbio una delle leve tecnologiche più promettenti nel processo della digitalizzazione.

Una delle più comuni definizioni di Intelligenza Artificiale recita:

«…una disciplina appartenente all’informatica che studia i fondamenti teorici, le metodologie e le

tecniche che consentono la progettazione di sistemi hardware e sistemi di programmi software capaci di

fornire all’elaboratore elettronico prestazioni che, a un osservatore comune, sembrerebbero essere di

pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana.»

(Marco Somalvico, uno dei massimi studiosi di IA in Italia)

L’IA ha quindi l’obiettivo, o meglio l’ambizione, di emulare le capacità cognitive dell’essere umano; in sostanza, è una disciplina teorica e tecnica per lo sviluppo di algoritmi e sistemi tali da rendere le macchine in grado di eseguire “attività intelligenti”, all’interno di specifici domini e ambiti applicativi.

Cosa cambia con l’intelligenza artificiale?

L’introduzione dell’Intelligenza Artificiale (IA) come strumento di sviluppo di business è un tema relativamente recente per la piccola/media impresa italiana, nonostante se ne parli da non pochi anni.

La gran parte delle aziende si trova quindi a dover considerare l’adozione dell’intelligenza artificiale intuendo la grande potenzialità sottostante la tecnologia ma non riuscendo a distinguerne bene i contorni, le opportunità.. ed i rischi!

 

Le domande principali di carattere “ tecnico-strategico” cui gli “addetti ai lavori” di questa tecnologia dovrebbero rispondere per supportare le imprese sono:

  • come l’intelligenza artificiale può aiutare NON il business in generale, ma quello specifico di ciascun imprenditore?
  • di cosa l’imprenditore ha bisogno per metterla in opera valutando correttamente tempi, costi e benefici sul lungo periodo?

A tal proposito, gli esperti del settore ritengono fondamentale il presupposto che l’IA si nutre di dati, espressi in qualunque forma concepibile: analisi e pianificazione strategie, azioni di benchmarking di competitors, comparazione di canali e segmenti di mercato, statistiche di vendita, dati di produzione, etc.

In ciascuno di questi casi, l’IA può aiutare a valutare e comparare una immensa mole di dati e a comprendere meglio e più velocemente azioni correttive in pressoché qualunque aspetto di un’azienda o diventare un driver importante per nuovi prodotti/servizi, magari “mescolando” informazioni fino a ieri impensabili.

 

Questa nuova rivoluzione tecnologica, di portata tale da eguagliare la prima Rivoluzione industriale, pone però altri quesiti ed apre scenari tanto più “misteriosi” quanto più si consideri che il fenomeno di utilizzo generale è ancora piuttosto recente e le tecnologie inerenti l’AI hanno ancora enormi margini di sviluppo;

Come influirà una applicazione massiva di queste tecnologie su un mercato del lavoro già “scollato” tra domanda ed offerta? Quali processi di acquisizione di competenze saranno necessari per evitare una obsolescenza di expertise che impatterà drasticamente su questo “scollamento”?

Ma soprattutto: l’IA renderà “non indispensabili” milioni di risorse umane?

 

A mio avviso, qualsiasi innovazione tecnologica non può essere, in re ipsa, che positiva per l’evoluzione economica e sociale globale; è un utilizzo basato unicamente sul profitto, sulla riduzione dei costi e sul conseguente abbassamento degli standard di qualità delle prestazioni lavorative a determinarne la “ pericolosità”  per un sistema economico-sociale.

Naturalmente, quando tale utilizzo orientato al “capitalismo selvaggio” non è controbilanciato da serie e strutturate politiche di formazione e adeguamento delle competenze alle nuove tecnologie.

L’AI, nelle sue premesse, non rappresenta una eccezione; anche i più complessi ed “intelligenti” processi di analisi automatizzati richiedono la capacità di deduzione ed induzione, la logica basata sull’intuito e sull’esperienza, il fattore umano nella gestione di rapporti interpersonali che governino e guidino le macchine.

 

Le principali sfide da affrontare per fare business nei mercati globali  sono legate alla concorrenza da parte di tutte le società del mondo, alla conseguente pressione per ridurre i costi ed aumentare i benefici, una “vita” dei prodotti sempre più breve, un quadro normativo sempre più regolamentato ed una consapevolezza dei consumatori sempre più orientata al rapporto qualità/prezzo.

La sfida della competitività è quindi sempre più legata alla necessità di offrire prodotti o servizi nuovi, o migliori o meno cari, in una parola è sempre più legata all’INNOVAZIONE.

Per tutelare gli outcome di qualsiasi processo innovativo, l’unica soluzione è garantirne l’ESCLUSIVITA’ ( intesa come diritto di usufruire dei frutti dei processi innovativi in esclusiva) attraverso la creazione di propri diritti di proprietà intellettuale o o acquisendo l’autorizzazione all’utilizzo di tali diritti mediante licenze.

Nelle attuali dinamiche di business internazionale innovare significa creare, ad esempio, prodotti più belli, tutelati da diritti di utilizzazione esclusiva di un determinato DESIGN INDUSTRIALE, o di qualità migliore, o dal prezzo inferiore o dalle funzionalità aggiuntive, caratteristiche tutelate dai BREVETTI, o ancora costituire una reputazione del proprio brand da tutelare mediante diritti di esclusiva su un MARCHIO, o infine sviluppare migliori servizi di marketing o di after sale, oggetto questi del diritto di COPYRIGHT.

Questi diritti esclusivi sono rilasciati da autorità statali ai creatori di INNOVAZIONE che meritano protezione in quanto questa sorta di “ricompensa” stimola la creatività mediante i processi di Ricerca & Sviluppo – quindi stimola gli investimenti nella Ricerca & Sviluppo – ,  e proteggendo dalla concorrenza sleale protegge i consumatori.

I marchi sono segni per distinguere i prodotti/servizi di una persona/società da quelli dei concorrenti; tali segni devono presentare un carattere DISTINTIVO ( ossia di distinguibilità) rispetto ai marchi concorrenti, di NOVITA’ ( devono essere disponibili), non devono essere ingannevoli, generici, puramente descrittivi, non possono violare l’ordine pubblico o la moralità.

La protezione dei marchi richiede una registrazione nell’area geografica nella quale si intende far valere la protezione; la registrazione al di fuori dei confini nazionali quindi può essere su base regionale ( intesa come area continentale- per una tutela in ambito europeo ad esempio la registrazione deve essere fatta presso l’EUIPO,  Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale incaricato di gestire i marchi, i disegni e modelli dell’UE), o internazionale, mediante registrazione presso la WIPO ( World Intellectual Property Organization, una delle agenzie specializzate delle Nazioni Unite, creata nel 1967 con la finalità di incoraggiare l’attività creativa e promuovere la protezione della proprietà intellettuale nel mondo).

Il brevetto è un titolo in forza del quale si conferisce al titolare un monopolio temporaneo di sfruttamento di un trovato, per un periodo di tempo limitato, consistente nel diritto esclusivo di realizzarlo, disporne e farne un uso commerciale, vietando tali attività ad altri soggetti non autorizzati. Un brevetto non attribuisce al titolare un’autorizzazione al libero uso dell’invenzione coperta dal brevetto, ma solo il diritto di escludere altri soggetti dall’utilizzo della stessa. I brevetti in sostanza tutelano una idea concettuale, una scoperta, informazioni commerciali confidenziali che danno un vantaggio concorrenziale in quanto segrete, appunto INNOVAZIONI che abbiano “applicabilità industriale”. La durata del diritto di tutela ( o esclusiva) non è illimitata, ma perdura finché l’innovazione rimane tale.

A partire dal 1 Luglio 2008, le domande di brevetto per invenzione industriale nazionale, ammesse dall’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, vengono trasmesse all’Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO), che provvede – entro circa nove mesi dal deposito – a inviare al richiedente il cosiddetto “parere di merito” (Rapporto di Ricerca), contenente l’esame dei requisiti di novità, attività inventiva e applicabilità industriale; è possibile comunque ottenere un brevetto praticamente in tutti i Paesi che prevedono la tutela delle innovazioni e quindi quasi in tutto il mondo.

Il diritto alla tutela del design industriale copre le “forme ornamentali di prodotti utilitari” che rappresentino una NOVITA’ mondiale, abbiano applicazione industriale e non coprono gli aspetti funzionali dei prodotti.

Infine i cd Copyright sono Diritti d’esclusività riconosciuti dallo Stato agli autori di opere letterarie e artistiche che siano dotati di ORIGINALITA’.

Davide Crisci