Anche i dati qualitativi contano
Un articolo di Patrizio Gatti
Non solo bilanci: anche i dati qualitativi contano per la continuità aziendale
Uno dei momenti più imbarazzanti della mia attività è avvenuto qualche anno fa, durante una consulenza in un’azienda del settore metalmeccanico con tre soci.
Non tutto quello che capita nel lavoro è un successo.
Raccontare solo le cose belle è più facile, ma a volte sono proprio gli episodi più difficili a restare impressi.
E questa storia mi ha confermato una cosa importante: non basta guardare i bilanci passati per capire la solidità di un’impresa. Servono anche altri segnali, quelli qualitativi, che spesso anticipano quello che i numeri contabili mostreranno solo dopo.
Mi chiamò il socio di maggioranza e amministratore, chiamiamolo “Signor B”.
Era contento all’idea di mettere finalmente ordine con bilancio, budget e un cruscotto con indici, e mi diede subito l’incarico.
Con gli altri soci ci trovammo intorno a un tavolo e cominciammo a ragionare sul futuro.
Le reazioni furono diverse:
– il Signor B era entusiasta, perché voleva capire cosa stesse succedendo: aveva già intuito che qualcosa non girava come doveva,
– un altro era attento e seguiva con interesse,
– il Signor T ascoltava, ma i numeri facevano vedere aspetti legati alla sua responsabilità e questo non gli andava giù.
L’analisi, le previsioni e gli indicatori mostravano inefficienze aziendali.
L’incontro finì, ci salutammo, e il Signor B mi accompagnò all’uscita ringraziandomi.
Mi disse che finalmente cominciava a vedere confermati i suoi dubbi e sperava che il percorso potesse convincere anche gli altri soci a cambiare strada.
E invece, dopo quel primo incontro di analisi e budget, accadde qualcosa che non mi aspettavo.
Il mese dopo tornai in azienda per una giornata di consulenza.
Vengo accolto dal Signor B, che mi fa accomodare nel suo ufficio per verificare i dati aziendali.
A un certo punto squilla il telefono: è l’altro socio e amministratore, il Signor T.
Quando scopre che ero lì a lavorare, parte una discussione accesa con il suo collega.
Il motivo non ero io come persona, ma il controllo di gestione.
Il Signor T non si rivolgeva direttamente a me, ma al suo socio: contestava il fatto che si stesse perdendo tempo con il controllo.
Secondo lui, era solo un costo inutile: non serviva pianificare, fare budget, analizzare indici o verificare obiettivi.
Per lui contava solo aumentare il fatturato. L’unica spesa che avrebbe accettato era, eventualmente, la pubblicità.
Il Signor B, imbarazzato perché non si aspettava una reazione così dal suo socio, si scusò per l’accaduto.
Io capii subito che in quella società i due amministratori erano troppo distanti a livello gestionale e non comunicavano tra loro.
Mantenni la calma, consigliai al Signor B di chiarire la questione internamente e me ne andai.
Come andò a finire quell’azienda nel giro di poco più di un anno?
La società si sciolse. Sì, anche per motivi economici e finanziari, ma soprattutto per la mancanza di una delle basi del going concern, cioè la continuità aziendale:
– un’adeguata organizzazione,
– una visione comune,
– un buon clima interno e soprattutto un rapporto solido tra i soci.
In altre parole, non mancava solo un assetto amministrativo (business plan, budget, pianificazione finanziaria), ma soprattutto quello organizzativo e di governance.
Senza coesione tra i soci, la continuità aziendale era già compromessa.
In conclusione:
Il controllo di gestione contribuisce a far crescere bene l’azienda:
– con la pianificazione della liquidità migliora i flussi finanziari,
– con i suoi strumenti e le sue tecniche aumenta l’efficienza interna e di conseguenza i guadagni.
Tutto questo però non significa, nell’immediato, più ricavi: quelli dipendono dal marketing e da altri fattori.
Il controllo, però, può portare benefici anche ai reparti vendita.
Un esempio pratico: se il controllo ti fa vedere su quali prodotti puntare perché generano un margine migliore, chi vende sa già dove indirizzare i propri sforzi. Le azioni commerciali diventano più mirate, con obiettivi minimi di fatturato chiari da raggiungere.
In più, verificare alcune dinamiche interne con indicatori qualitativi può fare la differenza.
Con questo termine non intendo formule complicate, ma segnali pratici e osservabili, monitorabili anche con indicatori di performance personalizzabili, come:
– il livello di collaborazione tra i soci,
– la chiarezza dei ruoli,
– la qualità della comunicazione interna,
– il clima aziendale,
– la soddisfazione dei clienti.
Sono aspetti che non emergono dai bilanci, ma che raccontano molto sul futuro dell’impresa.
E possono prevenire situazioni critiche come quella che, in questo caso, portò allo scioglimento della società.
Questa azienda si è fermata, ma le imprese che accettano di guardarsi dentro e affrontare anche gli aspetti scomodi ne escono più solide.
Il controllo di gestione non fa miracoli, ma dà basi concrete per crescere con continuità.
E tu, sei pronto a mettere i tuoi numeri sotto esame?