ASCOLTO ATTIVO E GESTIONE DELLE CRITICITÀ NEI LUOGHI DI LAVORO: UNA NECESSITÀ UMANA E STRATEGICA IN TEMPI DI CAOS

Un articolo di Pasquale Di Matteo

IL CONTESTO ATTUALE: UN MONDO IN FIAMME E IL PESO DELL’INCERTEZZA

 

Viviamo un’epoca segnata da contraddizioni estreme.

Guerre, riarmi, crisi climatiche e tensioni geopolitiche dominano i titoli dei giornali, creando un rumore di fondo che penetra ogni ambito della vita quotidiana.

Questo clima di instabilità non si limita a influenzare le dinamiche macroeconomiche o politiche, ma si insinua nei luoghi di lavoro, alterando percezioni, emozioni e relazioni. I collaboratori, dalle maestranze ai manager, portano con sé un carico di ansie collettive e individuali che, se ignorate, rischiano di minare la coesione, la produttività e persino il senso stesso di appartenenza all’organizzazione.

 

PERCHÉ L’ASCOLTO DIVENTA UN ATTO RIVOLUZIONARIO

L’ascolto non è mai un gesto passivo. È un processo attivo, politico e trasformativo.

In contesti caotici, dove l’insicurezza diventa cronica, intercettare le criticità dei lavoratori significa riconoscere la loro umanità oltre il ruolo professionale. Significa accogliere paure, dubbi e frustrazioni senza banalizzarli.

Le organizzazioni che investono in pratiche di ascolto strutturato non stanno semplicemente “migliorando il clima aziendale”, ma formano anticorpi contro il disimpegno, l’alienazione e il conflitto interno.

 

DALLA TEORIA ALLA PRATICA: COSTRUIRE SPAZI DI VULNERABILITÀ CONDIVISA

Il primo passo è abbandonare l’illusione del controllo. Nessun protocollo o regolamento può sostituire l’autenticità di un dialogo aperto. Creare momenti dedicati all’ascolto, attraverso riunioni one-to-one o forum, permette di decodificare bisogni spesso taciuti per paura di giudizi o ripercussioni.

Importante è formare leader e manager in grado di gestire queste conversazioni con empatia, senza cadere nella trappola del paternalismo.

La vulnerabilità, quando condivisa orizzontalmente, genera fiducia e la fiducia è il collante di qualsiasi comunità, incluso il luogo di lavoro.

 

LE PAROLE CHIAVE: SICUREZZA PSICOLOGICA E COMUNICAZIONE NONVIOLENTA

Gli studi organizzativi dimostrano che ambienti caratterizzati da sicurezza psicologica, dove gli individui sentono di potersi esprimere senza rischi, migliorano performance e innovazione.

Strumenti come la comunicazione nonviolenta (CNV), sviluppata da Marshall Rosenberg, offrono un framework concreto per focalizzarsi su osservazioni oggettive, bisogni condivisi e richieste negoziabili, anziché su accuse o generalizzazioni.

Applicare questi principi significa trasformare potenziali conflitti in opportunità di crescita collettiva.

 

L’IMPERATIVO ETICO: ASCOLTARE PER NON TRADIRE LA PROPRIA MISSION

Ogni organizzazione, sia essa un’azienda privata o un ente pubblico, ha una responsabilità sociale che va oltre il profitto o i servizi erogati.

In tempi di crisi sistemica, tradurre questa responsabilità in azioni concrete diventa un imperativo. Ascoltare i collaboratori non è solo un dovere morale, ma è un atto di coerenza.

Come possiamo pretendere di risolvere problemi globali se non siamo capaci di gestire quelli sotto il nostro tetto?

 

DAL CAOS ALLA COMUNITÀ

In un mondo frammentato, i luoghi di lavoro possono – ma potremmo dire “devono” – diventare micro-laboratori di resilienza. Un termine che non amo particolarmente, ma che, in questo caso, è più che pertinente.

Ascoltare non è una soft skill, ma una competenza critica per navigare la complessità. Una competenza che richiede coraggio, tempo e una volontà ferrea di mettere al centro le persone.

Solo così possiamo trasformare l’insicurezza in progettualità, il timore in collaborazione. E forse, in questo processo, ritrovare un frammento di speranza condivisa.

Sarà poco, ma, soprattutto di questi tempi, può fare una differenza enorme.

Proviamoci.

 

Pasquale Di Matteo

 

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