BRUCE SPRINGSTEEN, PERCHÉ LO CHIAMANO BOSS?

Un articolo di Cecilia di Pierro

NON AVRAI ALTRO BOSS ALL’INFUORI DI BRUCE SPRINGSTEEN

 

Dedicato alla Community EVE

1° giugno 2024

Da San Siro con Spirito Comunitario

Il Grande Giorno è arrivato

A voi che avete allietato le mie giornate

A tutti coloro che hanno letto e, forse, sbuffato davanti ai miei numerosi post sul Personaggio dell’Anno

Chiamatemi “monotona”. Non lo sono

“Coerente” cit. Mariangela Ottaviani  (Grazie)

In fondo Bruce è il Trascinatore per eccellenza

Colui che mette tutti d’accordo su “Twist and Shout

 

La Storia si ripete
I concerti anche

Se ti dicono
“No, grazie. Ci devo pensare”
Tu rispondi
“Prego. Non c’è tempo per i ripensamenti”
Dal 1° aprile
Vado direttamente al 1° giugno
Senza passare dagli altri giorni

Da Ferrara a San Siro lanciando i dadi a Las Vegas

Trova l’Intruso …

Interprete e Traduttrice

 

OH MY BOSS!

 

Perché un Articolo su Bruce Springsteen?

Interprete di Bruce Springsteen?

Traduzione delle sue canzoni?

 

“I see you in my Dream”

 

The Boss è la mia ragione di vita

Mi accompagna a lavoro, sola, mentre traduco a computer, o quando insegno Inglese ai bambini.

Perché Bruce è la dimostrazione vivente di come

Lavoro è Passione

Entusiasmo

Divertimento

Non si lavora solo per guadagnare

Si lavora per soddisfazione personale

 

E chi meglio del Boss può incarnare questo ideale?

 

A voi, dunque qualche informazione sul Personaggio dell’Anno

 

Brevi cenni sull’origine del Nickname

Bruce Springsteen

Tag? Mission Impossible. The Boss non si tagga.

Perché lo chiamano Boss?
Anni fa, durante un concerto a Boston, Bruce Springsteen introdusse uno sketch esilarante con Steve Van Zandt durante Tenth Avenue Freeze-Out. Bruce chiedeva insistentemente a Steve che ora fosse, lasciando intendere che fosse il momento di chiudere il concerto e andare a casa. All’ultimo “What time is it?” di Bruce, Steve rispose, con il consueto fare burlone da Steve, “It’s Boss time”, giocando sull’assonanza tra Boss-time e Boston.

Quindi il concerto riprese fino al gran finale, quel finale tipico che tutti gli appassionati del Boss ben conoscono, il momento culminante di una serie di brani, in un alternarsi di cori, mani alzate e “Bruce, Bruce, Bruce”.

Quel mormorio che si sente uscire dalla mia auto quando io, alla guida nel traffico congestionato di Firenze, ascolto e canto con the Boss.

Al di là del successo di questo fuoriprogramma, che Bruce mantenne anche nei tour successivi e per altre sedi diverse da Boston, esso divenne in qualche modo anche l’implicita conferma che Springsteen avesse accettato l’appellativo The Boss e anzi, ci scherzasse sopra.

 

THE BOSS: COSA NE PENSAVA BRUCE?
In realtà a Springsteen quel soprannome non era mai andato “a genio” (gradito), come avrebbe detto Nonna Rita (che ballerà con me a San Siro Dancing in the Dark).

Sapeva perfettamente di avere un’indole autorevole e di guida (Lead as a Leader and lead to be led), che gli veniva riconosciuta da tutti (band, pubblico, media), ma per carattere non amava essere visto come il capo, la persona autoritaria che comanda.

In poche parole “The Boss”.

Per questo si era più volte opposto a quel soprannome.

Ironia della sorte: mentre, negli anni ’70 e ’80, stava eseguendo dal vivo Rosalita (Come Out Tonight), nei passaggi in cui la canzone recitava  “You don’t have to call me lieutenant, Rosie, and I don’t want to be your son  (“Non devi chiamarmi tenente, Rosie, e non voglio essere tuo figlio“), lui sostituiva il verso con You don’t have to call me lieutenant, Rosie, and I don’t want to be your Boss” (“Non devi chiamarmi tenente, Rosie, e non chiamarmi Boss“). In pratica: Bruce voleva tenere le distanze da quel soprannome. Qualcuno ipotizza anche che Bruce non amasse l’appellativo “The Boss” per associazione di idee con un italo-americano, che avrebbe potuto ingenerare l’equivoco con la figura del boss mafioso.

 

LA DOMANDA NASCE SPONTANEA

PERCHÉ LO CHIAMANO BOSS?
Da dove viene, dunque, l’appellativo The Boss per Bruce Springsteen? L’origine è tutt’altro che recente e, al contrario di quanto si creda, risale a molto prima di quando Bruce divenne celebre nel mondo, con l’album Born In The USA, apparendo in pubblico muscoloso e imponente, quasi che fosse un autorevole condottiero.

Infatti, già nei primi anni ’70, quando Springsteen era agli albori della sua cinquantennale carriera, furono i compagni della band (presumibilmente lo stesso Steve Van Zandt, che allora già frequentava Bruce, pur non rientrando nella sua formazione) a chiamarlo The Boss, perché lui, nella sua maniacalità di avere tutto sotto controllo, faceva anche da contabile per la band (dava i numeri in maniera straordinariamente originale). Raccoglieva i soldi, li divideva, teneva i conti comuni e gestiva le spese proprio come il capo di una piccola attività. Qualcuno addirittura racconta che Bruce svolgesse quel ruolo anche prima, quando in compagnia degli amici giocava a Monopoli o altri giochi di Società ad Asbury Park. Lui conduceva il gioco, distribuiva carte e soldi e regolava i movimenti degli altri giocatori. Il biografo Peter Carlin ha persino scritto che sia stato Bruce stesso ad autoproclamarsi The Boss, ma lo fece in deroga a un altro soprannome che sopportava ancora meno: Gut Bomb King, letteralmente il Re delle Bombe Intestinali, perché era Bruce a portare spesso in compagnia bombi e caramelle per tutti.

 

IL BOSS… E BASTA!
Ecco spiegata dunque l’origine di quel soprannome. Fu negli anni successivi che Steve Van Zandt ne consolidò il senso, sottolineando il carisma, l’autorevolezza e, last but not least, il talento, di Bruce Springsteen.

Bruce scriveva la musica e i testi, arrangiava le canzoni, produceva gli album e faceva persino il coach, il motivatore dei suoi compagni di band, spronandoli a dare sempre il massimo sul palco. Quando poi l’uso di quell’appellativo arrivò ai media, il “danno” benefico era fatto. Indietro non si torna. Bruce is the Boss.

Steve Van Zandt, uomo tutt’altro che dimesso e propenso al compromesso, capì che Bruce aveva un talento così straordinario che avrebbe dovuto solo seguirlo, magari consigliandolo, ma mai mettendosi di traverso. In una celebre intervista degli anni ’80, quando gli chiesero di Bruce, Steve rispose: “Lui è così bravo… che vorresti picchiarlo!”

Tutta colpa di …
quel mattacchione di Steve. Ci scherzano ancora adesso, ma Bruce allora non voleva che lo chiamassero così. Eppure, quel nickname gli ha portato fortuna. Oltre, ovviamente, all’indubbio, innato talento.

 

Non ci resta che…

“One Two Three”

Roll of the Dice

 

Tutti a San Siro

Lead as a Leader & Follow the Boss

 

1° giugno

Assente giustificata

Vi penserò intensamente

Da San Siro con Rumore!

 

Passando da Ferrara 

 

Be in Community but stay

With the Boss

Greetings from Asbury Park

 

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