CE LA FARÒ… O FORSE NO: E ALLORA?
Un articolo di Alessandro Carli
Non più tardi di tre giorni fa, Jannik Sinner ha vinto il suo primo Grand Slam agli Australian Open.
A 22 anni.
Mark Zuckerberg è diventato miliardario (in dollari, non vecchie lire) a 23 anni.
Pelé divenne campione mondiale di calcio a nemmeno 18 anni…
Antonio Meucci inventò il telefono e sebbene Graham Bell gli abbia fregato il brevetto, alla fine la paternità del dispositivo venne doverosamente attribuita al primo, solo che fu Bell a farci una valanga di soldi.
Van Gogh morì in povertà a soli 37 anni e la sua arte fu riconosciuta solo dopo la sua morte.
Gesù Cristo morì disconosciuto dal suo stesso popolo a 33 anni.
Che differenza c’è tra i primi e gli ultimi tre? Le loro storie sono molto diverse tra loro e non c’è un vero motivo per cui a qualcuno sia andata alla grande e ad altri decisamente peggio.
Si riduce tutto ad una mera questione di culo vs sfiga o c’è qualche elemento, un comune denominatore (in un verso o nell’altro) che riesca a spiegare questo mistero di cui non siamo ancora riusciti a venire a capo?
Non è una questione di bravura o di capacità; di minore o di maggiore impegno; di simpatia o di antipatia; di crederci o meno…
Sono decenni che il marketing cerca di capire quali siano le strategie di comunicazione migliori per raggiungere il cuore del mercato, così come la psicologia ha fatto grandi passi in avanti nell’individuare e sfondare quei blocchi che impediscono alle persone di raggiungere il loro agognato successo.
E se indubbiamente qualche risultato lo hanno raggiunto, sono tante le persone che pur avvalendosi di certe tecniche “vincenti” sono rimaste col cerino in mano: alla fine, pare non ci siano dei precisi elementi su cui contare per spostare a colpo sicuro l’ago del successo da una parte all’altra.
Come coach, mi sono anch’io ho dovuto arrendere all’idea che non tutti coloro che avrei seguito sarebbero riusciti ad ottenere quello che volevano… nemmeno io con me stesso! Verrebbe voglia di mandare tutto al diavolo, tirare i remi in barca e… quel che sarà, sarà.
D’altro canto, molte persone con cui ho lavorato hanno ottenuto perfino DI PIÙ di quanto si aspettassero. Dov’è il trucco, allora?
ANTICHE MOTIVAZIONI
Non c’è alcun trucco, ma questo non significa che sia tutto in mano al caso: forse siamo noi che vediamo la questione dal punto di vista sbagliato.
Tanto per cominciare, chi ha stabilito:
– quali siano le condizioni da realizzare per determinare il successo?
– i termini e i tempi entro i quali raggiungerlo?
– che siano i risultati a fare testo e non il processo/percorso?
– quali siano le regole da seguire e quali no?
– che il vincente venga idolatrato e il perdente disprezzato, ecc.?
Non dobbiamo mai dimenticare che chi stabilisce i termini del successo o del fallimento è solo ed unicamente il nostro ego. Ci portiamo dietro potentissime ataviche molle psicologiche che ancora oggi c’inducono a legare il successo alla sopravvivenza ed il fallimento alla morte (o ad altre condizioni poco piacevoli) per i quali le giustificazioni hanno poco valore: se durante la caccia non hai visto arrivare un predatore a causa di un forte mal di testa e ti sbrana, non puoi lamentarti che così non vale.
Per questo siamo così attaccati al risultato e poco interessati al processo… l’imperativo è vincere e poco importa se si ha vinto imbrogliando, anzi: sei perfino apprezzato di più per la tua furbizia. Basta guardare certe tifoserie per capire quanto indietro siamo rimasti, dacché il fairplay è decisamente sovrastimato.
CAMBIO DI PASSO
Nella maggior parte dei casi, almeno in Occidente (per ora), non dobbiamo preoccuparci se sopravvivremo alla giornata e possiamo quindi anche rilassarci un po’. Se gli altri non intendono ancora deporre le armi, cerchiamo almeno di non continuare a puntarle su noi stessi!
Ecco alcuni aspetti che ti propongo di tenere sempre presente quando ti senti “in gara”. Sebbene possano sembrare solo giustificazioni, in effetti rappresentano una realtà incontrovertibile.
Ogni persona è una storia a sé – La tua vita, la tua storia, le tue sfide, ecc. sono solo tue e non sono comparabili con quelle di nessun altro. Sappiamo tutti cosa significhi vincere, ma nessuno sa veramente da dove parte e per questo ogni paragone con gli altri è ridicolo, fuorviante e dannoso.
Definisci i TUOI “successi” – Denaro, posizione, popolarità, status quo, ecc. sono tutti indici di successo… ma chi li ha stabiliti? Da un punto di vista antropologico, quegli obiettivi dovrebbero assicurare maggiori possibilità di sopravvivenza, ma non riguardano in alcun modo un punto d’arrivo universale. Assicurati di avere ciò che ti serve per il tuo sostentamento (e della famiglia), ma sentiti libero di decidere i tuoi parametri di successo.
Mantieni il giusto mindset – Come diceva Nelson Mandela, “io non perdo mai: o vinco o imparo”. Non è soltanto il giusto mindset da tenere, ma è un’assoluta verità. Siamo qui per crescere, non per vincere… o meglio, crescere è la sola, vera vittoria.
Gioca sul tuo terreno, non su quello altrui – È vero che là fuori ci sono degli assatanati che calpesterebbero chiunque per arrivare ai loro obiettivi e proprio per questo devi starne alla larga. Se tu hai qualche remora morale e loro no, ti spolperanno vivo. Quando hai definito ciò che è il successo per te, focalizzati solo su quello e perseguilo: la sfida è sempre e solo con te stesso.
Individua e segui le TUE linee-guida – Tu sei ciò in cui credi, non ciò che altri ti hanno detto che sei o che ti vogliono costringere a credere di essere. Scegli le tue regole, basate su solidi, reali principi e non deviare mai da esse. Sono lì per ricordarti in ogni momento cosa vuoi rappresentare: trasgredirle o perfino rinnegarle per avere da questo un vantaggio ti servirà soltanto a confonderti e a perderti.
I vincitori non sono coloro che sono riusciti a “prendere” qualcosa dalla vita, ma coloro che hanno lasciato qualcosa di loro, affinché altri potessero beneficiarne. Così hanno dato un significato alla loro vita.
Tutto il resto è davvero… noia.
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