Fiducia e collaborazioni: come riconoscere quelle sane (e quelle da evitare)
Un articolo di Federica Colonna
La fiducia è l’elemento fondamentale di ogni collaborazione professionale.
Se lavori con i numeri ancora di più.
E’ un valore che non trovi nel bilancio, non compare in fattura, eppure senza di lei nessun progetto fila liscio. È come il Wi-Fi: non lo vedi, ma se cade la connessione, crolla tutto il sistema.
E allora la domanda è: come riconoscere una collaborazione che parte con il piede giusto… e come accorgersi subito di quella destinata a trasformarsi in un incubo di fraintendimenti, responsabilità scaricate, polemiche inutili e stress senza fine?
Sicuramente gli atteggiamenti estremi non sono mai corretti e sani.
Fidarsi ciecamente è come firmare un contratto senza leggere le clausole in piccolo, ma diffidare di tutti è un po’ come cercare di lavorare con l’antifurto sempre acceso.
La fiducia “buona” è quella consapevole: si costruisce con coerenza, comunicazione chiara e rispetto reciproco.
Ai miei clienti, in sede di call conoscitiva dico sempre: “iniziamo piano piano, con una o due contabilità.”
Questo consente di conoscerci, di “prendere le misure”, capire i metodi di lavoro di entrambi, conoscere il programma, vedere l’affidabilità del professionista…insomma di coltivare la fiducia in modo graduale e sano.
Ma quali sono i segnali di una collaborazione sana?
- Chiarezza: obiettivi e ruoli sono spiegati senza giri di parole.
- Rispetto: tempi, scadenze e promesse vengono mantenuti.
- Feedback: ci si parla, ci si aggiorna, ci si ascolta.
- Flessibilità: gli imprevisti si gestiscono insieme (e in questo lavoro ce ne sono 3000), non scaricando colpe.
Se questi ingredienti ci sono, la collaborazione ha ottime probabilità di crescere.
Non sempre però, sono stata cosi fortunata. E non sempre me ne sono resa conto subito.
Ma come si dice: “l’esperienza insegna, e se non ci sbatti la testa, non impari!”
Soprattutto nelle call conoscitive, ci sono dei campanelli d’allarme che devono far scattare nella tua testa la luce rossa di pericolo.
- “Ne parliamo dopo” quando si tratta di compensi.
- La disorganizzazione del cliente e la mancanza di comunicazioni scritte.
- Sparizioni misteriose tra una mail e l’altra.
- Urgenze improvvise che diventano la regola.
- Scarico di responsabilità non dovute e confusione dei ruoli.
Mi è capitato ad esempio, che una commercialista mi affidasse delle mansioni, tra l’altro non previste da contratto, con la dichiarata intenzione di non prendersi la responsabilità dell’operato.
Se inizialmente potrebbe essere un discorso sensato, nel momento in cui questa affermazione doveva essere messa per iscritto e firmata, da parte del cliente c’è stato ostruzionismo.
Un commercialista che non si prendere la responsabilità delle dichiarazioni inviate è piuttosto anomalo, e nasconde probabilmente (almeno questo era il caso), un’incompetenza di fondo che cercava di scaricare sugli altri.
Chi è il commercialista, chi l’esecutore?
Io, anche se sono una libera professionista e per etica e onestà, mi prendo la responsabilità dei miei errori (che possono capitare perché siamo umani), comunque rimango un passo indietro dal commercialista.
Ho responsabilità differenti. E ai miei clienti chiedo sempre di ricontrollare o di fare un check insieme proprio perché, quando cominciano ad essere pacchetti di contabilità consistenti, qualcosa può sfuggire.
Quando vedo la poca collaborazione… la luce rossa d’allarme si deve accendere.
Come tutelarsi (senza diventare paranoici)?
- Mettere nero su bianco: contratti, accordi, scadenze.
- Partire in piccolo: testare la collaborazione con un progetto breve.
- Dire no: imparare a rifiutare collaborazioni che puzzano di guaio fin dall’inizio.
- Fare check periodici: un allineamento ogni tanto salva da malintesi costosi.
La fiducia non si regala: si conquista e si rinnova nel tempo.
Ma imparare a riconoscere i segnali — quelli buoni e quelli cattivi — è il modo migliore per proteggere il proprio lavoro e costruire relazioni professionali che funzionano davvero.
In fondo, meglio un no deciso all’inizio che mille scuse alla fine.

