Finanziamenti all’internazionalizzazione di impresa: unico “traino” per investire nello sviluppo in mercati esteri?

Un articolo di Davide Crisci

Il tema dei finanziamenti all’internazionalizzazione d’impresa rappresenta una tematica strategica ma non senza qualche “criticità”, non solo per le imprese ma anche per i professionisti specializzati in servizi di business development internazionale.

Da diversi anni ormai il riconoscimento dei processi di internazionalizzazione delle imprese italiane quale traino per l’economia italiana, fattore di evoluzione e di resilienza rispetto alla crisi e perno delle necessaria diversificazione per far fronte alla volatilità del mercato è stato ampiamente “sdoganato”.

Pertanto, il tema delle agevolazioni e del supporto finanziario per portare all’estero il sistema del Made in Italy – o consolidarne la presenza- è divenuto ufficialmente uno dei drivers delle politiche di sviluppo economico; considerando che la stragrande percentuale delle imprese italiane sono rappresentate da micro e piccole entità, sono stati concepiti, finanziati e sviluppati specifici strumenti di supporto finanziario che nel gergo degli operatori del settore sono identificati come Voucher per l’export o per l’internazionalizzazione.

Inevitabilmente – considerando la “pioggia” di finanziamenti al fine di arginare il rischio di immobilismo dei mercati -,  tali strumenti – caratterizzati anche da un forte impulso alla digitalizzazione – sono stati erogati anche durante gli anni delle restrizioni legate alla pandemia.

Questi strumenti, specificamente dedicati alle azioni commerciali all’estero, agli investimenti materiali e immateriali in aree geografiche target o con aziende estere, o ad operazioni di M&A (acquisizione e fusione aziendale) o ancora all’apertura di nuovi impianti o uffici in paesi terzi, presentano una struttura, configurazione, modalità di presentazione domanda, procedure di selezione e di rendicontazione dai tratti comuni: di promanazione statale o regionale, basati su una richiesta di ammissione in graduatoria contenente spesso pochi e sintetici dati identificativi, su requisiti di accesso premianti per le aziende “in regola” o innovative,  su proposte progettuali altrettanto sintetiche, ed eroganti alle aziende beneficiarie contributi a fondo perduto in percentuali importanti – che spesso superano il 50% della somma investita-.

Nulla quaestio sulla necessità di riconoscere al rafforzamento della competitività del made in Italy nei mercati globali una importanza meritevole di strumenti dedicati ad hoc; la presenza di questi strumenti ha però creato una sorta di “fenomeno di dipendenza”, per cui l’attesa della pubblicazione dei bandi che ne disciplinano l’erogazione  è divenuta oramai una costante nei processi di valutazione sul programmare o meno investimenti nello sviluppo commerciale estero – da parte delle imprese – E sulla possibilità di intensificare le azioni di promozione dei propri servizi alle aziende – da parte dei consulenti e società di erogazione i servizi per il supporto all’export.

 

Ed è questo fenomeno ad indurre il sottoscritto ad alcune riflessioni – che condivido in questa sede-:

può un processo fondamentale per una economia moderna – quale è la fisiologica evoluzione del tessuto aziendale attraverso l’espansione oltre i confini nazionali –  essere così strettamente correlato alla possibilità di accedere a contributi a fondo perduto esclusivamente dedicati all’export al punto di essere programmato o meno a seconda della pubblicazione di bandi che prevedano tali contributi?

E per quanto riguarda i professionisti che erogano servizi di supporto all’internazionalizzazione di impresa: può la promozione di tali servizi, servizi frutto di anni di esperienze e competenze, basarsi principalmente sulla possibilità di far accedere le imprese a tali contributi?

Noi tutti sappiamo che i “percorsi” aziendali sono caratterizzati da cicli che devono essere caratterizzati da processi evolutivi di rinnovamento, sviluppo, diversificazione, ecc., specie negli attuali scenari di mercato;  e la penetrazione in nuovi mercati, lo sviluppo ed il consolidamento rappresenta uno di questi necessari steps

Della vita di una azienda.

I processi di export, e  di internazionalizzazione – quale fenomeno più ampio e complesso della vendita all’estero – non sono quindi specifiche tipologie di business ma piuttosto fasi di sviluppo fisiologico delle imprese  che utilizzano l’innovazione, la digitalizzazione, la trasformazione tecnologica e lo scale up organizzativo per essere competitive su scala globale e più appetibili per una platea di clienti e consumatori più ampia.

Pertanto, ben vengano strumenti di supporto finanziario appositamente configurati per imprese di piccole dimensioni; ma vincolare l’opportunità di espandere i propri confini unicamente alla possibilità e all’entità del rimborso che lo Stato e la regione ti concede – e che sia chiamato voucher Export– sembra effettivamente limitante.

Quali gli scenari allora qualora tali strumenti non siano erogati?

  • Verificare la disponibilità di altri strumenti di supporto finanziario, quali i bandi sulla Ricerca & Sviluppo ed Innovazione, i Contributi per l’innovazione tecnologica e digitale – è di questi giorni la pubblicazione del bando INNOVATION MANAGER – ecc., perché l’evoluzione, lo sviluppo e l’ammodernamento di una azienda non può NON avere quale sbocco l’espansione di mercato;
  • Affidarsi a professionisti che sappiano coniugare i drivers dell’innovazione ai processi di internazionalizzazione, binomio oramai divenuto inscindibile.

Davide Crisci