GIOCO DI SQUADRA
Un articolo di Alessandro Carli
Il titolo di questo articolo non si riferisce al cosiddetto teambuilding, nel senso stretto del termine.
Una squadra è qualsiasi “formazione” composta da un numero di elementi superiore a uno ed inferiore a 8 e rotti miliardi (per ora) che persegue uno stesso obiettivo, il cui scopo ultimo è quello di vincere… qualunque cosa questo significhi e sul quale ci sia totale accordo.
Una coppia è una squadra, così come una famiglia o il team di un’azienda (o la stessa intera azienda), un’associazione, un partito politico, naturalmente una squadra sportiva e così via.
Anche un condominio è una squadra, allora? E un rione, un comune, una regione, un paese…? Lo sono potenzialmente, ma non di fatto perché non c’è assonanza di scopi: ogni elemento ha un suo privato obiettivo da perseguire, un suo modo d’intendere la coesione e, soprattutto, scopi diversi.
Ma la mancanza di scopi e di obiettivi comuni non la si riscontra anche in un’azienda? Vero, ma in un’azienda ci dovrebbe essere qualcuno – un leader… o qualcosa di simile – che si assuma l’onere di omogeneizzare (termine deleterio in circostanze diverse, ma che qui assume una connotazione positiva) le risorse interne rispetto ai suoi intenti.
È questo il collante di una squadra e lo scopo del leader non è quello di guidare una squadra forte (sulla carta) verso un obiettivo, ma di guidare una squadra coesa verso un obiettivo.
“Coesione” è infatti la parola chiave per un team vincente, non la forza (fisica, emotiva, intellettuale, strategica, ecc.) dei singoli, eppure molte aziende vanno letteralmente a rubare risorse capaci e di esperienza da altre aziende, con aggiunta di goduria se loro diretti concorrenti, illudendosi così di diventare più competitivi… salvo poi ritrovarsi con una manciata di primedonne che aggiungono poco o nulla all’efficacia complessiva del gruppo.
La potenza della Vulnerabilità
Una volta giunti alla conclusione che la coesione è la chiave per una squadra forte, la domanda successiva non può essere che: “Cosa rende coeso un gruppo (o squadra)?”
La risposta può essere sorprendente e del tutto controintuitiva, ma è la vulnerabilità!
Formare una squadra coesa non è soltanto una questione di valori e scopi condivisi, che pure sono necessari, ma soprattutto di bisogno!
Ogni membro di una squadra dev’essere al tempo stesso necessario e bisognoso… ovviamente su mancanze diverse.
Prendiamo, ad esempio una squadra sportiva… diciamo di calcio. Lo vediamo continuamente, quando una squadra si svena per comprare un fuoriclasse il cui apporto, alla fine, porta poco beneficio al gruppo.
Cos’è successo? Il campione è diventato improvvisamente una schiappa? Certo che no. Il più delle volte è perché non si è integrato col resto della squadra.
Forse si riteneva molto necessario e poco bisognoso, non si sentiva vulnerabile e, quindi, si metteva al di fuori della squadra stessa che non riusciva ad interagire con lui.
Non esiste una vera squadra laddove non TUTTI i componenti si sentano vulnerabili e, di conseguenza, bisognosi.
Dopo, solo DOPO aver preso atto di questo stato di cose ognuno può pensare, dovutamente, di essere a suo modo necessario.
È questo mindset collettivo a rendere una squadra realmente forte.
E le cose non vanno diversamente negli sport individuali, perché comunque dietro l’atleta c’è un team di professionisti che si adopera per aiutarlo a rendere al massimo.
Gestire la Vulnerabilità
Stabilito quindi che è il sentimento di vulnerabilità a tenere solida e performante una squadra, vediamo come gestirla, questa vulnerabilità, cioè come fare in modo che essa lavori per il team anziché contro, poiché se il sentirsi in uno stato di bisogno prevale sul sentirsi necessari, si sfalda tutto.
Come in tutte le cose, l’equilibrio detta legge.
Quindi, vediamo quali sono le condizioni che è necessario realizzare affinché si stabilisca un rapporto sano tra i membri di una squadra, dove sentirsi bisognosi e sentirsi al tempo stesso necessari può fortemente contribuire ad un sano sviluppo della stessa.
- Conoscersi – E’ buona idea creare complicità ed un buono spirito di gruppo favorendo momenti di condivisione tra i membri del team. Si possono programmare incontri informali periodici (ad esempio, quindicinali o mensili), dove le persone possono esprimersi a ruota libera. Oppure, organizzare incontri periodici di gruppo con un coach o consulente che guidi le interazioni nel team. O ancora, prevedere dei weekend da qualche parte dove si sentano tutti più liberi di condividere alcuni pensieri o sensazioni in modo del tutto libero.
- Aprirsi – Sapere cosa e come pensa il mio compagno è senza dubbio importante, ma per scendere ad un livello ancora più profondo di conoscenza comune è importante aprirsi. Non significa far sapere a tutti i nostri affari privati (anche se non è di per sé proibito), ma almeno per quanto riguarda le questioni interne al team, è decisamente consigliabile condividere le proprie perplessità, i propri dubbi, ciò che infastidisce e ciò che invece entusiasma. Se qualcosa che è stato detto o fatto è stato motivo di turbamento o peggio, questo deve venire fuori e discusso affinché non s’incancrenisca e da malumore diventi astio.
- Fidarsi – Naturalmente, per arrivare ad una condizione in cui ci sente liberi e sicuri di condividere ciò che si pensa e prova, le persone devono potersi fidare ciecamente degli altri. Devono sapere che ciò che viene detto o fatto non esca dal gruppo o che qualcuno possa usarlo contro il singolo. Solo quando ogni membro SA che i suoi compagni non faranno niente per nuocergli, si potrà aprire veramente. Siamo tutti vulnerabili in qualche misura e, come dicevo, tale vulnerabilità è funzionale alla crescita del gruppo, ma sfruttare questa vulnerabilità, per dolo o superficialità può essere devastante.
Conclusione
La spinta alla coesione è un processo naturale ed in qualche modo ineludibile. Opporsi a questo processo significa creare attriti e debilitare la struttura nella quale si opera e questo fa sì che le persone che compongono un gruppo o vi fanno parte o si autoescludono: non esistono vie di mezzo.
Quanto più “nudi”, trasparenti ed aperti si è, tanto più forte, solido e alla fine vincente risulterà il gruppo, anche se questo presuppone che, singolarmente, ogni individuo sia più vulnerabile. Questo accresce quel senso di reciproca responsabilità che favorisce lo stato di coesione di cui una squadra ha assoluto bisogno per raggiungere le mete e le vette a cui legittimamente aspira.
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Se, per lavoro o altro, ti trovi a dover gestire un gruppo che vuoi far crescere e metterlo nelle condizioni di raggiungere risultati più ambiziosi, non esitare a contattarmi e scrivimi nella messaggistica di LinkedIn o inviami una e-mail su alecarli58@gmail.com per richiedere di saperne di più.