Il declino della comunicazione intergenerazionale nel mondo del lavoro: riflessioni sullo svilimento sociale.
Un articolo di Pasquale Di Matteo
Negli ambienti lavorativi di un tempo, esisteva un saldo legame tra le diverse generazioni, dove i giovani apprendevano dai più anziani, mostrando rispetto e impegno nel seguire le loro orme.
Nel contesto attuale, invece, si sta assistendo a una crescente rottura di questa comunicazione intergenerazionale e si manifestano segni di svilimento sociale che richiedono attenzione e riflessione.
Evoluzione della Comunicazione Intergenerazionale
In passato, la trasmissione di conoscenze e valori avveniva attraverso un’interazione costante tra giovani e anziani nel mondo del lavoro. I giovani aspiravano a emulare l’eccellenza dei loro predecessori, mostrando rispetto e dedizione nell’apprendere, mentre oggi si osserva una dinamica diversa: i giovani adottano comportamenti spavaldi, spesso arroganti. Non tendono più all’eccellenza e il loro approccio al lavoro, il più delle volte, è superficiale.
Tale crescente prevalenza di comportamenti dozzinali emerge nelle interazioni quotidiane, specialmente nella comunicazione digitale. MI capita spesso di leggere e-mail, scritte da giovani, zeppe di errori grossolani, che evidenziano una mancanza di cura nella redazione e nella revisione del testo.
Un errore può capitare a tutti, soprattutto in giornate stressanti e sature di impegni, ma questo comportamento ripetitivo e costante riflette un’attenzione prevalentemente rivolta alla sostanza e non anche all’importanza della forma e della precisione nei vari contesti lavorativi.
Porre attenzione alla sostanza e non alla forma non è di per sé un male. Non sempre, almeno. Ma ci sono dei momenti e alcuni contesti in cui servono anche la forma e la precisione, spesso più della sostanza stessa.
Inoltre, un vero professionista è tale quando riesce a combinare questi elementi, a farne il suo biglietto da visita.
Cosa comporta questo nuovo approccio generazionale?
Un tempo, esisteva una sorta di patto tra scuola e famiglia, un legame che vedeva genitori e insegnanti complici nell’educazioni dei ragazzi, mentre ora i genitori sono diventati gli avvocati difensori dei propri figli. Guai a riprenderli, guai ad assegnare loro una nota.
È diventato perfino difficile giustificare un 7 o un 8, perché ci sono mamme e papà pronti a inveire contro l’insegnante, sicuri di essere più competenti.
I ragazzi crescono con le spalle coperte, con la certezza che, qualunque cosa faranno, mamma e papà sapranno intervenire al momento giusto per mettere a tacere un insegnante o un preside.
È accaduto più volte in Italia. Non ultimo, il caso di quella ragazza riammessa agli esami di maturità dal TAR, nonostante gli insegnanti del liceo che frequentava l’avessero giudicata non idonea in virtù di ben cinque materie insufficienti.
Ovviamente, come era logico aspettarsi, la ragazza non è stata in grado di superare gli esami e dovrà ripetere l’anno, anche se i genitori non hanno perso il “vizietto” e hanno chiesto ai legali di scrivere addirittura una lettera al Ministro Valditara. Per chiedergli cosa, in effetti, non si sa, ma tant’è.
Ma che cosa avrà imparato quella giovane?
Se avesse accettato il giudizio degli insegnanti, cioè la sua non idoneità a sostenere gli esami di maturità, le avrebbero fatto capire che, se vuoi ottenere risultati concreti, devi faticare e impegnarti, altrimenti puoi anche fallire.
Invece, dopo l’intervento dei genitori, la giovane ha imparato solo che lei può fare ciò che vuole, tanto ci sarà sempre qualcuno pronto a risolverle eventuali intoppi. Inoltre, avrà un totale disprezzo per i ruoli e per le competenze altrui.
Per di più, questo caso riflette il profondo scoramento degli insegnanti, costantemente offesi e vilipesi nel loro ruolo da una classe genitoriale che, probabilmente, non è all’altezza del compito educativo che dovrebbe ricoprire, incapace di far crescere i propri figli, visti sempre come degli eterni bambini da proteggere.
MI capita spesso di imbattermi in datori di lavoro e/o responsabili del personale disperati per i giovani d’oggi, perché tutti lamentano la mancanza di serietà, di educazione, di rispetto, di maturità e di attitudine al lavoro.
Ovviamente, ci sono ancora persone mature e responsabili, ma diventano sempre più di nicchia, casi rari sovrastati dalle masse, perciò difficili da trovare.
Strategie per un miglioramento
Per affrontare questo svilimento sociale, è fondamentale adottare strategie che promuovano una comunicazione più efficace e rispettosa tra le generazioni. Programmi di mentoring, sessioni di formazione sulla comunicazione efficace e sull’importanza di una certa etica sul lavoro e del lavoro possono contribuire a riattivare il dialogo intergenerazionale e migliorare la qualità della comunicazione.
Certamente, sarebbe meglio che le scuole e le famiglie tornassero a educare le future generazioni, mentre, al giorno d’oggi, sembra che ci sia un corto circuito tra insegnanti e genitori.
Alla fine, se non si inverte la rotta della deriva sociale, alle aziende non resta altro da fare che adeguarsi il meglio possibile a questi nuovi tempi, a queste nuove generazioni sempre più superficiali.
Si deve trovare il modo di rendere gli ambienti di lavoro più a misura d’uomo, più accoglienti, meno oppressivi e schematici, inoltre è necessario trasmettere passione.
Se le persone si appassionano a ciò che fanno, rendono di più e cercano di fare ogni cosa al meglio.
E per appassionare i giovani alla propria attività, non bastano stipendi adeguati, maggiori libertà, benefit e flessibilità. Non è più solo una questione di soldi, come un tempo.
Oggi bisogna far diventare anche i neoassunti partecipi del progetto dell’azienda.
Le aziende devono trattare i dipendenti come parte di una famiglia, devono trasmettere le idee e le ambizioni, le aspettative e i risultati a cui si ambisce.
Bisogna passare da un’idea piramidale a una lineare, in cui anche “l’ultima ruota del carro” si senta necessario e funzionale al progetto, come un qualsiasi altro ruolo.
Non deve più esserci un distacco tra azienda e società, né tra vertici aziendali e dipendenti, ma ogni singola cellula del mondo del lavoro deve sentirsi parte del tutto.
Infine, l’azienda deve sostituirsi alla famiglia nel ruolo educativo, laddove si evidenzino mancanze genitoriali nell’insegnamento dell’educazione e del rispetto.
Pasquale Di Matteo