Il posto più terrificante che ci sia: “Non lo so!”
Un articolo di Alessandro Carli
Sono spontaneamente portato a fidarmi delle persone… a meno che non mi diano validi motivi per non farlo.
Tra questi, quello senza dubbio più forte, è la loro incapacità di dire ‘non lo so’: effettivamente, di queste persone tendo a non fidarmi.
E sono tante.
“Sì!” è fantastico; “No!” può deludere; ma “Non lo so…” è ritenuto inaccettabile. Perché?
Razionalmente, sappiamo che nessuno in questo mondo sa tutto di tutto e se questo è vero, come lo è, la risposta “non lo so” non soltanto non dovrebbe scandalizzare, ma sarebbe del tutto probabile e prevedibile in molte circostanze.
Immaginati davanti ad un cliente importante per una trattativa e, ad un certo punto, questo cliente ti fa una domanda di cui non conosci la risposta: come ti fa sentire e cosa farai, alla fine?
Ce la faresti a dire “non lo so” o cominceresti ad arrampicarti sugli specchi cercando una risposta anche solo lontanamente plausibile?
Questo è soltanto un esercizio mentale a cui, così come viene proposto, non è difficile rispondere; ma torna con la mente ad un simile episodio del passato in cui non avevi una risposta ad una precisa domanda, magari fatta da un cliente a cui tenevi particolarmente.
Nella migliore delle ipotesi, ti sentiresti perso e più le cose stanno così, più difficile diventa pronunciare quel diabolico “non lo so”.
Cosa c’è dietro
Se è vero che nessuno può sapere tutto di tutto, uno che sembra avere sempre una risposta a qualsiasi domanda o situazione potrà mai essere credibile?
E se non è credibile, come faccio a sapere quale parte di ciò che dice di sapere merita attenzione e quale va invece disattesa?
Al contrario, se mi trovo davanti ad una persona che sa rispondere con certezza a molte delle mie domande o dei miei dubbi e con altrettanta certezza e serenità mi risponde di “non sapere” o di non avere una risposta ad una domanda o perplessità che ho sollevato, non mi darà forse questo ottimi motivi per ritenerla concreta ed affidabile?
Perché, allora, tanta reticenza nell’ammettere di non sapere qualcosa?
L’insicurezza è uno stato mentale molto potente (in negativo) a cui non è possibile porre rimedio con la razionalità. Non si può uscire da questo stato col ragionamento, per quanto solido possa essere: è necessario fare prima l’esperienza di ciò che significhi sentirsi sicuri. E questo non lo si può fare da soli.
Quando una persona si sente debole o vulnerabile internamente, essa cercherà o di “compensare” in qualche modo o andando a cercare pseudo-certezze esibendo una sicurezza che, di fatto, non le appartiene. Questo meccanismo di difesa scatta inconsciamente e non c’è modo d’impedirlo… o almeno, non finché non se ne prende consapevolezza, cosa che – ripeto – non avviene spontaneamente.
Ricontestualizzare l’incertezza
L’incertezza non è una malattia né tantomeno una disfunzione cognitiva: è la normalità.
Prova ad immaginare un mondo dove non esista l’incertezza. Sai cosa significherebbe? Che non avremmo più niente da imparare o da migliorare e che quindi, qualunque sia il nostro stato attuale, non potremmo crescere ulteriormente. In effetti, non esisterebbe più nemmeno uno “stato attuale” poiché esso assumerebbe le sembianze della perennità.
E non sarebbe nemmeno questa la cosa peggiore: la cosa peggiore è che non avremmo più bisogno gli uni degli altri: nemmeno nei più fantasiosi film di fantascienza o nei migliori romanzi distopici si riuscirebbe ad ipotizzare le infinite e nefaste conseguenze di uno scenario simile.
“Non lo so” significa “ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a colmare questa lacuna”.
Se non fosse che “non sapere” ci getta in uno stato di assenza di controllo, che è ciò che il nostro ego più teme e che non vuole quindi affrontare, quelli che oggi definiamo problemi sarebbero solo banali inconvenienti a cui si può tranquillamente rimediare, sapendo esattamente chi o cosa può aiutarci.
Conclusione
“Non sapere” non è una maledizione.
Semmai, lo è non fare niente per porvi rimedio.
E l’umiltà è la cura.
La prossima volta che qualcuno ti porrà una domanda a cui non sai rispondere o ti mette davanti ad una situazione che non conosci, non farti prendere dal panico e, ti prego, non sparare la prima cazzata che ti viene in mente solo per uscire da una brutta situazione che poi ti si ritorcerà comunque contro decuplicata.
Fai un bel sorriso rassicurante e con calma e dolcezza rispondi: “So di non saperlo…”
Ti guarderanno strano, stanne certo, ma più per esprimere la loro confusione che non una loro perplessità.
Non stai mostrando ignoranza, anzi: stai affermando di essere consapevole di una tua lacuna.
Alla fine, non è forse questa l’umiltà?
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Su Alessandro
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