Interprete e Parlare in Pubblico
Un articolo di Cecilia Di Pierro
Parlare in pubblico, anche i re hanno dovuto imparare
“Il Discorso del Re”
Dal Re agli Interpreti
Ad alcuni provoca ansia e imbarazzo, ad altri scatena una paura seconda solo a quella della morte. Diciamolo apertamente: parlare in pubblico è più facile a dirsi che a farsi. Si fa per dire…
Ciak si gira
Regista: Interprete
Produttore: Ana Maria Alvarez
Attori e comparse: per gentile concessione di EVE e su espressa richiesta agli interessati
Tutti i membri della Cabina di Regia EVE
The Community Speech (Il discorso della Comunità) è una fiction del 2024 diretto da Cecilia Di Pierro, con protagonisti membri della Community Eve. Liberamente ispirato alla storia vera di un gruppo di Professionisti e personaggi vari, magistralmente diretti dal personale sopra menzionato. Un gran bel film davvero, non c’è che dire.
Ma cosa c’entra con il lavoro di un’Interprete?
Chiederete voi
Domanda lecita alla quale cercherò di rispondere con uno stile quanto meno tecnico possibile per non tediarvi e, invece, cercare di appassionarvi sul magnifico set del film che è il mio lavoro di Interpretazione.
Cominciamo con il dire che ci sono due tipi di oratori
Da un lato quelli che si buttano, gli “sfacciati” per così dire. Vi viene in mente qualcuno?
Vi agevolo il compito: una persona dallo spiccato Sense of Humour, educata, ma diretta e senza filtri.
Detta Vulcano, per la sua verve e la positiva iperattività.
Nulla è per caso. Tutto è espresso in parole.
Avrete capito
Dall’altro i “fifoni”, o i “timidi”, quelli che quando dici loro di parlare si nascondono sotto il banco, dietro una tenda o ovunque trovino riparo dal pubblico.
Si chiama glossofobia, è la paura di parlare in pubblico che, stando a una statistica americana, risulta la fobia più diffusa dopo quella di morire. Nella maggior parte dei casi non è di natura patologica (come nel caso della dislalia di re Giorgio VI nel film “Il Discorso del Re”) ma irrazionale, dovuta a emozioni e a pensieri negativi associati a un’esperienza pregressa o all’insicurezza nell’affrontare situazioni a cui non siamo abituati. Tra i sintomi più comuni ci sono: ansia, tachicardia, aumento della pressione e della sudorazione, nausea, salivazione azzerata, irrigidimento dei muscoli, voce tremante. Di solito è causata dal timore di non essere adeguati, di non sapere cosa dire, di non avere un buon aspetto fisico o una bella voce, di sentirci giudicati da chi ascolta.
Una condizione a me sconosciuta.
Questo stato di panico si manifesta quando dobbiamo affrontare una platea che non conosciamo, soprattutto se ci è richiesto di parlare al microfono, perché ci sentiamo di colpo al centro dell’attenzione. Nella vita di tutti i giorni, invece, quando siamo in famiglia, tra amici, in compagnia dei colleghi, non abbiamo alcuna difficoltà a tenere un discorso in pubblico, perché ci sentiamo a nostro agio nei luoghi e tra le persone che frequentiamo abitualmente. In condizioni normali, quindi, chiunque è in grado di parlare a una platea.
L’ars oratoria è una forma di comunicazione verbale particolarmente difficile da apprendere e padroneggiare. Indipendentemente dalla professione che si esercita – re, insegnante, formatore, politico, manager, presentatore, ecc. – saper parlare in pubblico in occasione di una presentazione, di una conferenza, di una riunione di lavoro, o anche solo per raccontare una storia, non è semplice: esporre i contenuti con chiarezza, essere convincenti ed esaustivi nel poco tempo a disposizione non è affatto scontato. Per molte persone è un ostacolo quasi insormontabile, ma con l’esercizio e una buona dose di volontà tutti possono riuscirci.
“Chiunque riesca a gridare vocali da una finestra aperta può imparare a tenere un discorso.” – Lionel Logue (Geoffrey Rush) in The King’s Speech.
In questo articolo fornisco alcuni spunti utili per quanto riguarda l’arte di parlare in pubblico, in ambito di interpretazione, senza ansia e con disinvoltura. Chiaramente, per diventare bravi oratori occorrono tempo e impegno costante, ma questi suggerimenti sono di certo buoni per iniziare a migliorarsi.
Preparazione
Non possiamo prescindere dal conoscere perfettamente l’argomento di cui dobbiamo discutere. Questo è il principale elemento che ci consente di apparire spontanei e naturali, risultando autorevoli, credibili e competenti al pubblico. Sembreremo più sicuri, saremo in grado di rispondere, interpretando, eventuali domande, senza perdere il filo.
L’Interprete deve preparare bene il discorso e con largo anticipo, gli argomenti devono essere organizzati in una sequenza logica e distribuiti accuratamente tra incipit, parte centrale e conclusione. È opportuno preparare una scaletta, mentale o scritta, con i concetti chiave dell’intervento bene in evidenza e più di un attacco con cui incuriosire e coinvolgere chi ci ascolta.
L’arte di parlare in pubblico si perfeziona con l’esercizio. Il discorso va ripetuto più e più volte fino ad assorbirlo completamente; l’ideale è farlo anche in presenza di altre persone, come amici e familiari, che potranno farci notare gli aspetti da migliorare. Non puntare sull’improvvisazione: chi improvvisa in realtà ha studiato bene come farlo, anzi più sembra naturale e più ci ha studiato sopra. Altra cosa importante è non imparare il discorso a memoria, perché una distrazione o un’interruzione potrebbero bloccarci e rendere difficile una continuazione fluida; inoltre, rischieremmo di apparire innaturali, artificiosi, noiosi e, permettetemi un termine “ceciliano”, “cialtroni” (“arronzoni”, alla Nonna Rita, imprecisi in italiano).
Abbigliamento
Non siamo mica a una sfilata! Potrebbe obiettare qualcuno.
Ma anche l’occhio vuole la sua parte e il look conta.
È fondamentale vestirsi in modo adeguato all’occasione in cui si parla: una riunione informale in ufficio è diversa da un convegno o da una lezione universitaria. Non bisogna sottovalutare il potere persuasivo dell’abito. Non a caso, si parla di Dresscode; l’abito incide sull’approccio di chi abbiamo di fronte e sulla sua capacità di farci apparire autorevoli.
D’altro canto, però, è sempre bene evitare un abbigliamento che ci faccia sentire a disagio e che non riesca a comunicare con efficacia la nostra identità.
Sobrietà: la chiave.
Postura
La posizione che facciamo assumere al corpo dice molto sul nostro carattere e sul nostro stato d’animo. È importante avere una posizione eretta, aperta, con le spalle rilassate, il petto sollevato, la schiena dritta e il peso distribuito su entrambi i piedi. Una postura curva, infatti, esprime insicurezza e instabilità.
È sconsigliabile tenere le braccia conserte o le mani incrociate perché hanno un significato di chiusura, di scarsa disponibilità.
In generale, è preferibile mantenere una postura che ci faccia apparire rilassati, che renda i movimenti spontanei, e che trasmetta agli altri le emozioni che proviamo e che vogliamo condividere.
Gesti
L’ansia di parlare in pubblico è di solito accompagnata da una gesticolazione eccessiva nel tentativo di attenuare la tensione. È un comportamento da evitare perché distrae le persone a cui ci rivolgiamo, distogliendole dal contenuto dell’intervento.
Le mani possono diventare un problema: devono essere visibili mentre si parla, per comunicare sincerità e apertura, ma bisogna sapere dove metterle. Alcune buone regole:
- mai tenerle in tasca;
- mai appoggiarle sul tavolo a sorreggere il busto, se stiamo in piedi;
- mai metterle sotto il tavolo, se stiamo seduti;
- mai tenerle dietro la schiena o sui fianchi.
- mai toccarsi le labbra o la punta del naso incessantemente, con movimenti concitati o, all’opposto, rallentati, come alla moviola.
Se siamo seduti, possiamo poggiarle in modo naturale con i polsi sul tavolo o, in assenza di questo, tenerle in grembo. Se siamo in piedi, possiamo tenerle lungo i fianchi o possiamo impegnarle reggendo una penna o un foglio (a patto di non agitarli troppo).
In linea di principio, i nostri gesti devono accompagnare garbatamente le parole che pronunciamo, usandoli per sottolineare i concetti che vogliamo esprimere.
Contatto visivo
Non c’è cosa peggiore di un’Interprete che parla senza mai sollevare lo sguardo e guardare le persone negli occhi, senza fissarle troppo a lungo per non metterle a disagio, aumenta la partecipazione e il coinvolgimento. In medio stat virtus: adoro questa frase.
Lo sguardo deve muoversi equamente in tutte le direzioni, coprendo le varie zone della sala e intercettando globalmente tutti i presenti. Ognuno deve sentirsi come il destinatario unico del messaggio.
Sorriso
Vero che, spesso, gli Interpreti sono chiusi, isolati nel proprio “loculo” (leggi cabina), rigorosamente insonorizzato, ma quando escono per la pausa caffè, il pranzo, o anche semplicemente per un breve stacco, escono esponendosi agli occhi della platea.
Sia che parlino davanti a un microfono, che si interfaccino con l’oratore, o altre persone, il sorriso conta tanto.
Sorridere predispone il pubblico a reagire positivamente. Ciò è dovuto ai neuroni specchio che portano le persone a riflettere il comportamento di chi hanno di fronte.
Più il sorriso è genuino, meglio viene recepito: ci farà percepire come autentici, sicuri di noi stessi e perfettamente a nostro agio. Diversamente, un sorriso finto potrebbe far nascere sensazioni negative nel pubblico. Personalmente non potrei mai fingere: se così fosse, dal sorriso passerei alla risata fragorosa.
Respirazione
Prima di iniziare a parlare davanti al pubblico è importante respirare profondamente per calmarci: inspirare a fondo con il naso, espirare lentamente con la bocca, cercando di utilizzare il diaframma per riempire e svuotare i polmoni. Ripetere gli esercizi di respirazione diverse volte fino a sciogliere lo stato di tensione e agitazione.
Durante l’esposizione è necessario controllare il respiro accompagnandolo all’emissione dei suoni per scandire al meglio le parole.
In altri termini: quasi una vasca a nuoto.
Voce
Chi non è abituato a parlare in pubblico, può essere indotto a pensare: “Perché dovrei sprecare il mio tempo ad ascoltarvi?”
Perché l’oratore, o il pubblico, hanno una voce!
É proprio così
Conoscere la propria voce è un fattore che può incidere significativamente sulla resa del discorso.
La maggior parte delle persone non ama il suono della propria voce, o quantomeno lo trova “strano”, perché non è abituata ad ascoltarlo. Questo può causare un certo disagio quando si deve parlare in pubblico perché si ha paura che anche gli altri provino la stessa cosa.
È importante, dunque, familiarizzare con la nostra voce, per esempio registrandola e riascoltandola, in modo da capire quali sono le tonalità e le sfumature che meglio esprimono le nostre emozioni e che ci consentono di sfruttare al massimo lo strumento vocale che abbiamo a disposizione.
Tante volte mi hanno chiesto: “Ma non hai paura di non capire, non trovare le parole giuste, o restare senza parole”?
La mia risposta: “Assolutamente no. Se non capisco, e sono in condizione di chiedere, chiedo un chiarimento. Se ciò non è possibile, per esempio in simultanea, vado dritto, come si suol dire, inventando in modo coerente e credibile per gli addetti ai lavori. Non tempo di restare senza parole, ho paura di perdere la voce”.
Dizione e pronuncia
Parlare bene in pubblico vuol dire anche curare dizione e pronuncia. Molte difficoltà, infatti, si evidenziano quando non si è padroni della lingua e si teme di cadere in errori grossolani.
La consapevolezza di esprimerci correttamente, senza difetti di emissione vocale o dubbi sull’esatta pronuncia delle parole, ci aiuta a essere più sicuri, potenzia la nostra capacità comunicativa, rafforza il messaggio che intendiamo trasmettere e valorizza la nostra personalità.
Un consiglio che mi sento di dare a chi, come me, è originario del Sud Italia, è quello di esercitarsi a parlare un Italiano più privo possibile di inflessioni dialettali e accento.
Lucano Style è bello in Basilicata Coast to Coast.
In cabina, e davanti a una platea mista, produce lo stesso effetto di un cazzotto in un occhio: la pronuncia causa ematomi.
Presentazione
Importante non farsi sopraffare e governare dalla paura
Se non abbiamo la fortuna di essere presentati alla platea da qualcuno, dobbiamo farlo da soli dicendo chi siamo, perché siamo lì e di cosa parleremo. È il primo contatto con il pubblico, il momento in cui la fobia di parlare raggiunge il massimo livello.
È il caso di una consecutiva, per esempio: una sala con un certo numero di partecipanti, uno o più oratori e l’Interprete.
Oppure la trattativa: in una sala di dimensioni varie, l’interprete diventa un mediatore indispensabile per mettere in comunicazione i due protagonisti dello scambio.
Una cosa da evitare nel presentarci è fare la cantilena, ovvero elencare le cose che ci riguardano (mi chiamo…, mi occupo di…, lavoro per…) facendo fare alla voce un tiramolla che rende l’esposizione infantile e scolastica. Dobbiamo controllare l’intonazione pronunciando ogni frase con il punto fermo alla fine: Mi chiamo … Mi occupo di … Lavoro per …
Per rompere il ghiaccio e gestire l’emozione si può cominciare con una battuta, magari autoironica, meglio se non improvvisata ma preparata come formula di attacco del discorso.
Inizio
L’incipit è la parte più importante dell’intervento, la fase in cui si gettano le basi per la sua riuscita. Da lì riusciremo a farci amare o odiare dal pubblico.
Il pubblico si ricorderà di noi o preferirà far cadere nell’oblio la noiosa interpretazione.
Catturare l’interesse delle persone è basilare, per questo bisogna offrire loro valide ragioni per ascoltarci. Un valido espediente è anticipare l’argomento del discorso, illustrando i punti salienti che tratteremo; in tal modo forniremo al pubblico una direzione da seguire che lo renderà più attento e coinvolto.
Esposizione
Parlare in pubblico significa porsi il problema che persone diverse, con caratteri, pensieri e background diversi, comprendano e si interessino a quello che abbiamo da dire.
Dobbiamo utilizzare un linguaggio semplice, il più possibile privo di termini tecnici e forestierismi, ricorrendo quando serve a esempi, metafore e citazioni che sollecitino la capacità di immaginazione e visualizzazione dell’uditorio.
Il modo di esporre deve essere pacato, senza accelerazioni o eccessivi rallentamenti, con il respiro misurato che aiuti a scandire bene le parole.
In altri termini: non andare a macchinetta, ma neppure trascinare le parole come in un ritmo “andamento lento”.
L’uso delle pause è essenziale: servono a chi ci ascolta per assimilare il concetto appena espresso e a creare attesa per quello che stiamo per dire.
Se l’Interprete è bravo/brava, anche l’Oratore esperto penserà di avere parlato direttamente tramite l’Interprete. Interprete Attore in poche parole.
Ricordare che l’attenzione è massima nei primi dieci minuti, trascorsi i quali dobbiamo essere bravi a non annoiare e a far restare concentrati gli ascoltatori. A tal fine è bene variare i toni del linguaggio, rivolgere domande al pubblico, anche se non presenti nel discorso originale, introdurre qualcosa che stimoli la curiosità e faccia proseguire nell’ascolto.
Infine, non scusarsi mai in caso di errore o problemi di altro genere, così da non attirare l’attenzione su questi aspetti distogliendo dal tema dell’incontro. Proseguire, invece, senza soluzione di continuità, oppure scherzarci su – ma solo se si è sicuri di far ridere – per conquistare la simpatia dei presenti.
Chiusura
La conclusione del discorso è importante tanto quanto l’incipit perché determina la qualità del ricordo che il pubblico avrà di noi.
Non dobbiamo dare l’impressione di avere fretta di chiudere, né di allungare il brodo perché il Discorso è finito, andiamo a mangiare, per cui è necessario dosare bene i tempi dell’intervento ed essere pronti a tagliare o ad aggiungere le cose da dire a seconda della situazione.
È bene fare un riassunto di quanto detto, offrire spunti di riflessione e cercare di raccogliere il feedback della platea.
Giunti al termine, ringraziamo e salutiamo il pubblico sperando in un caloroso e intenso applauso come risposta.
Il grado di gradimento degli oratori, poi, sarà evidente se gli stessi concluderanno con “Ringraziamo …” seguito dai nomi di tutti gli intervenuti e, dulcis in fundo, ringraziamento alla “Voce dalla cabina” – The Interpreter.
Punti di vista
E voi cosa ne pensate?
Applausi o fischi
L’importante è la reazione
Titoli di coda
Interprete umano all’epoca dell’Intelligenza artificiale
Credits
Intelligenza umana e i suoi capolavori
Non nella conoscenza, ma nella disponibilità all’altrui mente sta il vero essere e la Dignità dell’Individuo
[Bischerate di Cecilia in Interpretazione]

