LA PIÙ GRANDE MENZOGNA CHE CI RACCONTIAMO

Un articolo di Alessandro Carli

 

Sono davvero tante le bugie che ci raccontiamo per darci un tono, per non dover affrontare una questione che magari ci trasciniamo da tempo, per correre ai ripari, per non doverci esporre, per millantare ciò che non si è e decine di altre cose.

Perché lo facciamo, dal momento che non dobbiamo convincere nessuno a parte noi stessi? Perché dovremmo autoingannarci? Cosa abbiamo da guadagnarne?

Abbiamo tutti un sistema di valori che usiamo come riferimento per capire dove ci troviamo rispetto ad esso.

Molti dei valori in cui crediamo ci sono stati trasmessi dai vari ambienti con cui interagiamo, mentre altri li adottiamo sulla base delle nostre esperienze di vita.

Sta di fatto che, indotti o dedotti che siano, i nostri valori definiscono ciò a cui diamo importanza in uno specifico momento della nostra vita (poi cambiano… devono cambiare!) e quando contravveniamo ad uno o più di essi o non ci sentiamo allineati con alcuni, veniamo pervasi da uno sgradevole senso di colpa o di vergogna che faremmo di tutto per scrollarci di dosso.

E qual è il modo più semplice e veloce per farlo?

Già: ci raccontiamo che non è come sembra, che in realtà non stiamo affatto tradendo i nostri valori (altrimenti dovremmo ammettere la nostra ipocrisia), ma che al contrario, siamo perfettamente allineati con essi!

Lo facciamo tutti… con la differenza che, da soli in una stanza ed a luci spente, qualcuno di noi riconosce di non essere stato fedele ai valori nei quali si identificava, sente il fetore più o meno forte dell’ipocrisia in cui è caduto e cerca di rimettersi in carreggiata.

Questo è un modo sano e responsabile di gestire un conflitto interiore talvolta dilaniante, ma che va a contribuire in modo significativo alla nostra crescita come individui.

I più, d’altro canto, per non affrontare il disagio di un’introspezione che potrebbe rivelarsi poco generosa e piacevole per loro, non solo perpetuano il disallineamento coi valori traditi, ma anche la conseguente ipocrisia che ha prodotto il disagio, costringendoli a reiterare sine die quel comportamento.

 

Una questione di onore!

C’è, tuttavia, una menzogna che a mio avviso batte tutte le altre.

Non da un punto di vista strettamente morale, ma per le pesanti conseguenze che ne scaturiscono anche a livello pratico, non soltanto psicologico.

La menzogna in questione è: “Sto facendo (o ‘ho fatto’) del mio meglio!”

Questa frase dovrebbe essere proibita per legge… possibilmente a livello penale!

Partiamo da un assioma: nessuno fa MAI del suo meglio… per il semplice motivo che nessuno sa quale sia il suo meglio e se nessuno lo sa, come fa ad affermare di farlo?

Le implicazioni di questa menzogna non sono tanto a livello morale, ma pratico.

Tecnicamente, questa frase non la si può nemmeno qualificare come menzogna, poiché per essere tale si dovrebbe essere consapevoli di mentire… che non è così, almeno nei confronti degli altri.

Verso se stessi, tuttavia, la menzogna c’è, eccome, ed è la peggiore perché non soltanto ad un’attenta ed onesta introspezione questa si paleserebbe come tale, ma c’impedisce anche di esplorare le nostre reali potenzialità e, soprattutto, perché ci appaga dal punto di vista morale: “ok, ho fallito, ma dando tutto me stesso!”

Capisci? Ne facciamo una questione d’onore.

 

Da dove arriva questa menzogna

Ma da dove arriva l’irrefrenabile pulsione ad usare tale ridicola giustificazione per non spingerci oltre le nostre supposte limitazioni?

Vediamo qualche causa.

Scarsa autostima – C’è decisamente questa alla base di tale atteggiamento. Laddove l’immagine che si ha di se stessi è debole, si cercherà sempre di minimizzare il fallimento… solo che così facendo si ottiene l’effetto contrario. Se il meglio che si è fatto risulta in un flop, come ci stiamo valutando (l’autostima è un’autovalutazione), di fatto?

Maldestro tentativo di mantenere alta l’immagine di noi stessi verso l’esterno – Più cerchiamo di giustificare i nostri fallimenti, meno edificante risulterà essere l’immagine che vogliamo trasmettere di noi, poiché palesiamo uno scarso controllo, nonché una scarsa capacità d’intervenire per correggere eventuali situazioni più o meno imprevedibili, andando così nella direzione opposta a quella che vogliamo.

Fenomeno della negazione – La dottoressa Elizabeth Kübler-Ross, diventata famosa per aver studiato la sequenza di stati emotivi nelle persone che ricevono brutte notizie (nel suo caso, riferite alla salute), ha riconosciuto la negazione come prima reazione. Quando riceviamo brutte notizie, il primo istinto è quello di negare che sia possibile: “non a me, ci dev’essere un errore…” ecc. Il fallimento non è minimamente ipotizzabile da chi si costruisce un’immagine ipertrofica e falsa di sé, quindi dapprima si nega il fallimento stesso e, quando questo rivela reale, si esclude di esserne noi la causa diretta.

 

Conclusione

Perdita di credibilità, senso d’impotenza e d’inadeguatezza, rimanere incastrati nei propri presunti limiti, inaffidabilità, staticità, ecc. sono solo alcune delle pesanti conseguenze che subisce chi pone dei limiti alle sue possibilità.

Poiché il fallimento è davanti agli occhi di tutti, è una buona strategia aggiungere a questo anche l’incapacità di porvi rimedio e di conseguenza reiterare gli stessi errori? Poiché è questo ciò che accadrà con matematica sicurezza.

Sono le persone insicure a non poter sostenere il peso di un errore. Nessuno si aspetta da noi la perfezione, ma l’onestà intellettuale e la disponibilità a mettersi in discussione, sì.

E poi… è così liberatorio poter gridare (dentro di noi!): “Sìììì… non ho saputo (non potuto!) fare di meglio: EMBÉ?!”

Detto ciò, si apre un nuovo capitolo.

P.S.: Come fai a sapere se davvero hai fatto del tuo meglio? Quando riuscirai a camminare sulle acque o a moltiplicare pani e pesci… fammi un fischio.

Alessandro Carli

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