NON E’ UN MONDO PER BRAVI RAGAZZI

Un articolo di Alessandro Carli

Una delle più potenti e debilitanti paure umane è quella della critica, perfino di ciò che gli altri potrebbero pensare di noi e, come tutte le paure, crea le condizioni affinché questo sia esattamente ciò che poi succede.

Quasi tutte le paure, infatti, sono autoavveranti: sei hai paura della povertà (la paura nr. 1, ci crederesti?), ad esempio, tenderai ad essere povero; se hai paura di ammalarti, l’ansia che ne consegue ti farà prima o poi ammalare; se hai paura della morte, anche se non muori fisicamente… muori di fatto, ecc.

Il motivo è semplice. Se la paura è abbastanza forte – quindi, non basta una semplice preoccupazione, che rientra nella normalità – la nostra mente si focalizza proprio su ciò che si teme e c’induce ad agire in modo tale da evitarlo; tuttavia, se si crede che quella paura sia concreta, allora diventa una convinzione e la nostra mente farà di tutto affinché le azioni che compiamo  siano allineate con quella convinzione, al fine di evitare la cosiddetta “dissonanza cognitiva”.

E’ un po’ come una donna che ha avuto diverse esperienza dolorose con gli uomini, al punto di convincersi che siano tutti stronzi. Tuttavia, ci riprova, sperando ogni volta che sia quella buona… ma continua a trovare solamente stronzi! Perché? Perché avendo formato una forte convinzione sulla “presunta” reale natura degli uomini (cioè, che sono tutti stro…i), andrà inconsciamente a cercarseli tutti così, ma proprio con grande cura, poiché la sua mente non le permetterà mai di trovare un uomo che non rientri in quella sua convinzione.

Di solito, chi si comporta da “bravo ragazzo”, sempre compiacente, disponibile, solerte, ecc. è stato allevato in un ambiente che pretendeva da lui/lei che si allineasse con le aspettative degli altri (prima i genitori e poi i professori, quindi i datori di lavoro e così via), pena rimproveri o punizioni.

Peccato che, da grande, se anche con questa sua strategia comportamentale riesce ad evitare le critiche che tanto teme, sicuramente non viene premiato, se non con qualche più o meno metaforica caramella… ma è comunque un buon affare: viene accettato – più spesso compatito – ed è il massimo che possa aspettarsi o pretendere. Rimane in ogni caso una prigione dalle solide sbarre di ferro che se, spinta all’estremo, può ridurre a brandelli la propria personalità e identità.

Non certo un bel modo di vivere.

Cosa può dunque fare una persona che comincia a sentire che la sua compiacenza e la sua accondiscendenza cominciano a starle strette?

Perché il punto è veramente tutto qui. Se la persona è arrivata al punto in cui confonde il suo comportamento con la sua identità, non c’è più niente da fare. Si può scegliere di cambiare un comportamento, anche magari compulsivo, finché ci fa male metterlo in atto o si prova vergogna (che in questo caso sarebbe positivo); ma se si è imparato a conviverci, diventando parte del proprio essere, i giochi sono chiusi o, comunque, richiede un intervento tosto a livello psicologico.

Per tutti gli altri casi, ecco come uscirne gradatamente.

  • Smetterla di essere indulgenti col proprio comportamento – La consapevolezza di trovarsi in gabbia non va mitigata ma, anzi, esasperata: deve fare male! Pensa a ciò che ti sta togliendo nella vita: il rispetto per te stesso/a, la dignità, la libertà interiore, l’autostima… se provi rabbia mentre pensi a questo, va bene. Incanalala nel modo giusto, ma non contro te stesso né contro gli altri, cioè quelli che ti hanno finora trattato come uno zerbino: ricordati che sei stato tu a permetterglielo, ma sii fermo nel far loro capire che la festa è finita.
  • Cominciare a dire dei chiari ed inequivocabili “no” – Senza qualche sano “no”, tutti i tuoi “sì” perdono di peso e non hanno alcuna importanza: sono il tuo status quo. Quando comincerai a dire qualche sano “no” ed a spiegare quale sia il motivo per cui ti rifiuti di fare qualcosa, i tuoi “sì” acquisiranno valore e te ne saranno grati.
  • Non affrettarsi a concedere un favore – Se qualcuno ti chiede un favore è probabile che si aspetti che tu glielo faccia. Magari, ti fa anche piacere farglielo e non ha dunque senso rifiutarglielo per principio, ma al tempo stesso gli altri non devono più pensare che sia scontato. Rispondigli che avresti altri impegni/piani e che glielo farai sapere.
  • Incominciare ad esprimere apertamente le proprie idee/opinioni – Solitamente, le persone che soffrono della sindrome del “bravo ragazzo” hanno un ricchissimo mondo interiore, visto che quello esterno fa schifo. Comincia a condividere quel mondo, offrendo la tua prospettiva sulle cose, magari iniziando dai social, e non temere il giudizio altrui: se sei autentico in ciò che scrivi e nel come lo fai potresti restare sorpreso dei riscontri (positivi) che potresti ricevere.
  • Rivelare i propri valori – Esprimere il proprio punto di vista è già tanto, ma è un’operazione intellettuale che svela poco di te ed è comunque più “attaccabile”. Esprimendo anche in cosa credi e cos’è importante per te, andrai ad esporre la parte migliore di te. Molti se ne fregheranno. Molti altri, no.

Comincia a fare questi piccoli passaggi e ficcati bene in testa una cosa: per quanto tu possa provarci, fina a rovinarti nel farlo, sappi che non potrai mai, MAI piacere a tutti.

Fattene una ragione e ti sentirai finalmente libero.

Alessandro Carli

 

 

 

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