ORGOGLIO: COME FARCI MALE DA SOLI
Un articolo di Alessandro Carli
Circa 35 anni fa, si presentò al mio ufficio un venditore di enciclopedie per ragazzi.
Avrà avuto forse solo qualche anno più di me e ricordo che era piuttosto “aggressivo”, commercialmente parlando (come non esserlo se vendi enciclopedie… professione che, peraltro, mi pare sia scomparsa), e sebbene l’enciclopedia sembrasse piuttosto ben fatta e avrebbe potuto aiutare veramente mio figlio per la scuola, feci ciò che fanno in molti, quando si arriva al dunque, cioè… cercai di temporeggiare dicendo al tipo che ne avrei dovuto parlare con mia moglie, anche perché l’investimento non era proprio indifferente.
Sul volto del venditore si formò un sinistro sorriso, come per dirmi: scaccomatto, idiota!
Scoprii in seguito che quella era una delle obiezioni più gettonate e lui, evidentemente preparato ad arte, replicò ad essa con sottile ferocia: “Perché, ha bisogno di chiedere il permesso a sua moglie prima di prendere una decisione?”
Ripensandoci a distanza di tempo, sento ancora la gelida lama di quelle parole che mi trafigge il costato.
Punto nell’orgoglio masculo, con la mente obnubilata dalla stizza, ma cercando di mantenere comunque un aplomb che non si sarà bevuto nemmeno per un istante, gli risposi, con tono quasi di sfida, del tipo ti-faccio-vedere-io-come-prende-le-decisioni-Alessandro-Carli-gran- figlio-di-p…na: “D’accordo, cosa dobbiamo far…?”
Nemmeno il tempo di finire la frase e mi sono ritrovato davanti il contratto e la penna per firmare.
A dire il vero, in quel preciso momento mi è balenato nella mente il pensiero che me l’avesse messo elegantemente nel fiocco, ma per lo stesso motivo che mi ha spinto a firmare il contratto, ora non potevo più recedere.
E qual era questo motivo? Eh già: l’orgoglio… quello stesso orgoglio che quando poi, più tardi, dissi a mia moglie cosa avevo fatto, lei pensò bene di ridurlo a brandelli.
Alla fin dei conti, però, l’enciclopedia si rivelò un buon acquisto.
Credo…
Orgoglio e dignità
Si dice che esista un orgoglio buono (o sano) ed uno cattivo (o malsano).
Ora, posto che quello che ho appena descritto appartenga alla seconda categoria… qual è un orgoglio “buono”?
Non esiste.
Quello che chiamiamo orgoglio buono è, in realtà, dignità… quel sentimento che non ti permette di scendere a compromessi con ciò in cui credi e che fa di te quel miracolo che sei.
L’orgoglio, d’altro canto, quello che definiamo cattivo, è la difesa ad oltranza di un’immagine che ci creiamo di noi stessi e quanto più forte tale immagine è per noi, tanto più deboli siamo, perché si tratta soltanto di un simulacro che sentiamo il dovere di proteggere ad ogni costo per non dover affrontare come siamo messi davvero.
Non esiste niente di più distruttivo dell’orgoglio per una relazione, soprattutto se è importante.
Le persone che ci sono più vicine non ci vedono con gli stessi occhi con cui vediamo noi stessi, cioè con lo sguardo di un’autostima che cerca disperatamente di uscire dal suo guscio. Loro ci guardano con gli occhi dell’amore, con gli occhi di coloro che riescono a vedere cosa ci sia davvero dietro quegli atteggiamenti maldestri e che lasciano trapelare soltanto un falso ideale di noi stessi che ci siamo pazientemente costruiti negli anni.
Non è quello che amano di noi, anzi lo odiano, e lo esternano magari anche nel modo sbagliato, ma per la frustrazione che provano nel non riuscire ad entrare in contatto con la parte migliore di noi… quella vera, quella che hanno imparato ad amare.
Falsità
Il problema con l’essere falsi è che la falsità non ha alcuna energia… non può averla perché due forze opposte che entrano in conflitto – la falsa immagine che ci siamo costruiti di noi e chi siamo davvero – si annullano a vicenda ed è per questo che si usa l’orgoglio come patetico succedaneo alla nostra reale forza: un ridicolo espediente a cui solo noi, i diretti interessati, possiamo credere.
Se alla provocazione del venditore di enciclopedie – “devi chiedere a tua moglie per decidere?” – anziché gonfiare il petto lo avessi guardato dritto negli occhi e gli avessi risposto, semplicemente: “Sì, glielo devo chiedere perché amo mia moglie, la rispetto, e poiché questa è una decisione importante che riguarda nostro figlio, intendo renderla partecipe”… che margine di manovra gli avrei concesso?
Esatto, nessuno.
Il problema non era il venditore che stava solo facendo il suo lavoro e anche dannatamente bene, per cui meritava tutto il mio rispetto… ma ero solo io… anzi, il mio orgoglio, che non definisce in alcun modo chi sono veramente.
Essere falsi non paga mai, poiché gli unici a “comprare” quella falsità siamo solo noi… o sul serio si può pensare che ci caschino anche gli altri?
Forse all’inizio… ma non sul lungo termine e di certo non coloro che condividono buona parte della loro vita con noi.
Conclusione
Non possiamo sfuggire a ciò che siamo e se si usa l’orgoglio per rimediare alle nostre mancanze si va ad indebolire e perfino distruggere anche ciò che di buono e di solido è in noi.
“Amare se stessi” significa amare ed accettare (non tollerare) di noi anche ciò che NON ci piace perché è proprio su questo che possiamo lavorare per migliorarci: se non avessimo mancanze non potremmo farlo!
La vulnerabilità è tutt’altro che un difetto e non dobbiamo difenderci da essa, poiché è la vulnerabilità a spingerci verso gli altri per creare con loro un forte legame… ed è per questo che l’orgoglio non può accettare la vulnerabilità: non può accettare la reciproca dipendenza… cioè l’interdipendenza.
E’ una scelta di vita, se è ciò che vuoi.
La scelta di una vita solitaria e decisamente suscettibile alla paranoia.
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L’Autostima gioca un ruolo fondamentale nell’impostare una vita aperta, solida ed equilibrata e l’orgoglio è uno dei primi indicatori di una bassa Autostima.
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