Ottimismo smodato o pessimismo auto-sabotante, nella ricerca dell’equilibrio?
Un articolo di Pasquale Di Matteo
Là fuori è pieno di ricette motivazionali per riuscire nella vita, nel lavoro, per fare fortuna. Ma quanto funziona l’ottimismo? E serve a qualcosa essere pessimisti? Cosa comunica davvero chi è ottimista e cosa il pessimista?
La comunicazione dei venditori di fumo.
Siamo sempre più sommersi da un diluvio di messaggi ottimistici, citazioni motivazionali e promesse di cambiamenti epocali.
Frasi sui social network, libri sugli scaffali delle librerie che tolgono spazio a saggi veri e narrativa.
Milioni di frasi dette e scritte da guru di cui non se ne può davvero più e, se scaviamo a fondo, il più delle volte si tratta di persone che nella vita non hanno fatto niente se non vendere libri con le loro frasi motivazionali. Non hanno una notorietà derivante da un lavoro diverso, da qualcosa che giustifichi, di fatto, il loro ottimismo.
Spesso non li conosce nessuno a cento chilometri da casa.
Un mondo di esperti, ma di cosa?
Con quali titoli accademici?
Con quali risultati dimostrabili?
Sedicenti guru della positività, autoproclamatisi esperti in qualcosa, ci incitano a credere che un’attitudine ottimistica sia la chiave per risolvere ogni problema e per raggiungere il successo.
Tuttavia, dietro questa vetrina di speranza e affermazioni allettanti, si cela una realtà ben più complessa, che trasforma l’ottimismo in un cliché moderno, un mantra ripetuto fino alla nausea.
Ma, se è vero che una cosa ripetuta cento volte ti convince, non è vero che si realizzi in automatico.
Chi si nasconde dietro a queste parole di incoraggiamento, dunque?
Sono coloro che hanno costruito imperi di social media basati sull’ottimismo senza aver affrontato veramente le sfide della vita o senza aver dimostrato la validità delle loro teorie nella pratica.
Quelli che qualcuno potrebbe definire “venditori di fumo”.
Meglio il pessimismo, allora?
D’altro canto, abbracciare il pessimismo come una sorta di realismo crudele può diventare altrettanto dannoso, anzi peggio, perché se parti con la certezza di non essere all’altezza, fallirai sicuramente.
Un po’ come quelli che si lamentano di non vincere alla lotteria, ma non acquistano mai il biglietto.
Convincersi che ogni sforzo sia destinato al fallimento o che non si è all’altezza di realizzare grandi cose può diventare un blocco psicologico, limitando il potenziale di crescita e di realizzazione personale.
Allora, qual è la via d’uscita, se l’ottimismo da guru è solo aria fritta e il pessimismo è deleterio?
La risposta è: l’equilibrio.
Comunicare con fatti reali e tangibili.
Trovare il giusto equilibrio tra ottimismo e realismo può essere una prospettiva più sana e saggia.
Infatti, come abbiamo visto, l’ottimismo in eccesso, quando non è supportato da azioni concrete e dalla consapevolezza delle sfide, può essere illusorio. È come costruire castelli in aria senza un piano solido per realizzarli. Senza mezzi, senza competenze, senza finanziamenti.
Dall’altro lato, il pessimismo eccessivo tende a paralizzare, impedendo di provare e di imparare dagli errori, che è un altro elemento indispensabile per continuare a crescere.
L’equilibrio consiste nel riconoscere le possibilità della vita senza ignorare le difficoltà e le sfide che essa comporta. Si tratta di accettare che fallimenti e ostacoli sono parte integrante del percorso verso il successo e che non basta la motivazione per riuscire, ma non essere motivati non porta da nessuna parte.
L’equilibrio si trova nell’essere ottimisti, ma ancorati alla realtà, per coltivare una fiducia in sé stessi sana, senza trascurare la consapevolezza dei propri limiti.
Invece di abbracciare ciecamente l’ottimismo da fenomeni veicolato dai guru sui social media o, al contrario, di cedere al pessimismo cosmico, cerchiamo la moderazione.
Impariamo a esaminare criticamente le prospettive che ci vengono offerte, per trarre ispirazione, ma anche per discernere il reale da ciò che è fantasia.
Essere realisti non significa essere negativi, bensì consapevoli e pragmatici nelle proprie aspettative.
Questo approccio equilibrato ci permette di guardare al futuro con speranza, ma anche con la lucidità di chi sa che il successo richiede impegno, resilienza e adattabilità.
Perché tutti possono diventare medici, avvocati, ingegneri, professionisti stimati, persino noti e, chissà, materialmente ricchi. L’ottimismo è importante. Convincersi di riuscire è fondamentale, ma solo se serve a stimolare lo studio, la gavetta, il duro lavoro e la tanta strada che ha fatto chiunque nella vita abbia raggiunto grandi traguardi.
Altrimenti, l’ottimismo da guru resta sterile, un insieme infinito di belle parole vuote, prive di significati concreti e di risultati.
Perché non sono le parole a comunicare chi sei, ma proprio i risultati, i fatti, ciò che costruisci, le competenze che acquisisci e ciò che fai.