Quand’è che “troppo” (o troppo poco) è troppo?

Un articolo di Alessandro Carli

 

Ti è mai capitato di sbottare quando, ad un certo punto, una situazione è diventata per te insostenibile?

Domanda idiota: certo che ti è capitato!

Okay, ma perché succede? Cos’è “troppo”? Cosa fa scattare quella molla che è stata portata al limite della sua compressione e che ad un certo punto, per un nonnulla… mai più niente sarà come prima, procurando danni seri e molto spesso irreparabili?

Non esiste il troppo. Se c’è qualcosa di davvero relativo, questo è proprio il “troppo”, in tutte le sue declinazioni, compresa quella del suo contraltare, cioè il troppo… poco!

Troppo significa una sola cosa: che sia in termini di scarsità o abbondanza, stiamo parlando di uno squilibrio tra dare e avere, tra sostenibile e insostenibile, tra potere e impotenza…

Siamo capaci di gestire abbastanza agevolmente ciò che si trova entro due soglie, ma che al di sopra o al di sotto delle quali si entra in un ambito sul quale non abbiamo controllo, ci mette a disagio o ci fa proprio schizzare.

Come dicevo, è tutto relativo. Non esiste un termine assoluto sotto o sopra il quale si è legittimati a gridare al “troppo”.

Prendiamo i giocatori di calcio professionisti, ad esempio. Tutte le volte che parte il calcio-mercato, ecco i soliti benpensanti che gridano allo scandalo perché questi giocatori guadagnano troppo.

“Troppo” rispetto a cosa? Ad un operaio che a malapena arriva a fine mese? Ma quanto incide l’operato di questo lavoratore sul fatturato del suo titolare? Incide allo stesso modo di una stella del calcio che contribuisce al fatturato di una squadra di Serie A?

Lo so: è cinico, ma non c’entra niente con la dignità della persona. Un operaio può anche vivere e lavorare con molta più dignità di un calciatore (o attore, cantante, influencer, ecc.) famoso… ma è proprio il mercato – e il mondo – ad essere così: premia chi fa la differenza, chi porta valore (e ci sarebbe molto da dire su questo…) aggiunto, ragion per cui il guadagnare troppo non esiste.

E sai qual è la cosa buffa? Che sono proprio quei benpensanti, coi loro abbonamenti o anche solo guardando le partite in TV, ad alimentare quel mercato che tanto schifano. E poiché quei fatturati dipendono in buona parte da ciò che i giocatori fanno sul campo, se venissero pagati di meno, non è che il risparmio andrebbe in beneficenza, ma a rimpinguare ulteriormente le casse delle società.

Così andrebbe meglio? Sarebbe più… etico?

 

Fare i conti col vittimismo

I “troppo” (sempre intendendo, con questo, anche “troppo poco”) sono aree della nostra vita a cui è necessario portare, ovvero riportare, equilibrio e soprattutto controllo.

Se in un qualche momento non si riesce a pensare ad alcuna area della nostra vita con dei troppo, dovremmo sorprenderci quando ne scivola fuori uno dalla bocca: è inevitabile… prima o poi succede e più spesso di quanto si voglia ammettere.

Quando pare di varcare la soglia di una situazione in cui ci si sente abusati, sfruttati, denigrati, offesi, incompresi, sottopagati, sminuiti, infangati e molto altro, è perché si sente tutto il peso del vittimismo in cui si ha accettato di vivere, poco importa se consapevolmente o meno.

Ed è allora che sbottiamo: “Quel che è troppo è troppo… ora basta!”

Così, ce la prendiamo con chi si ritiene che ci abbia messo in quella situazione, facendo un ulteriore tragico errore: nessuno può costringerci a sentirci vittime… quella è una nostra scelta individuale. Così come quella di uscirne!

Assumersi la totale responsabilità del proprio stato è il primo passo per superare il vittimismo. Non c’è nulla di cui rimproverarsi o incolparsi per aver accettato di vivere una situazione che ha causato solo dolore, insoddisfazione e miseria (nel senso più ampio della parola): sono tutti passaggi all’interno di un processo di crescita che non possiamo eludere.

 

Quali sono i tuoi “troppo”?

Per riprendere il controllo è necessario mettere a fuoco le aree dove sentiamo di essere al limite. Può essere uno stipendio troppo basso, continue scaramucce e punzecchiature tra coniugi, incomprensioni, vecchie faide col vicino, vecchi sogni continuamente repressi, figli indisciplinati…

O, al contrario, troppo “poco” divertimento, tempo, amore, soddisfazioni, riconoscimenti, autostima, ecc.

E quando si arriva al limite di queste due soglie, arriva quella goccia in più che fa saltare quel finto equilibrio che credevamo di aver pazientemente costruito negli anni. Solo che non è stata una nostra decisione: ci siamo solo limitati a guardare gli eventi deteriorare senza aver fatto niente a riguardo ed a fare la differenza è stata la nostra incapacità, o magari impossibilità, di stringere ancora di più i denti.

Quali sono, dunque, i nostri “troppo” in questo momento? Cosa stiamo sopportando o resistendo o minimizzando o negando a noi stessi e che ci fa vivere con questo peso costante che, per quanto si cerchi d’ignorare, è sempre lì e c’impedisce di vivere una vita piena ed appassionata?

Moriamo dalla voglia di far saltare il banco e buttare tutto all’aria? Ottimo… ma facciamolo nel modo giusto, cioè:

✳️ Ricordandoci che siamo stato noi, e non altri, a permettere alla situazione di degenerare;

✳️ Che sia una nostra precisa scelta, non l’inconsulta reazione ad una situazione che non riusciamo più a sopportare o sostenere;

✳️ Sapendo precisamente con quale altra situazione vogliamo sostituire la condizione dalla quale intendiamo liberarci;

✳️ Che troppo o troppo poco non significano niente… che non esistono “soglie”, che ogni cosa è commisurata alla nostra realtà attuale ed al modo in cui ci rapportiamo ad essa, soprattutto mentalmente, ossia se con Abbondanza o Scarsità;

✳️ Che per avere ciò che vogliamo dobbiamo essere o diventare la persona in grado di realizzarlo e, soprattutto, sostenerlo nel tempo.

✳️ Cosa più importante: avere ben chiaro da subito quali siano le due soglie sopra o sotto le quali non siamo disposti ad andare, ossia cosa non accetteremo di meno e cosa non saremo disposti a sopportare oltre.

 

Conclusione

Credimi: chi accetta questa sfida – che è tutta interiore – verrà messo più volte alla prova e sarà tentato a scendere ogni volta a compromessi. Se lo farà, rientrerà nel giro del “troppo-troppo poco”, solo che farà ogni volta più male.

Ma almeno lo sa… Sa che le cose possono essere diverse se si è disposti a pagare il prezzo, al contrario di chi ha sempre e soltanto navigato a vista.

Credo che questo sia uno degli aspetti più critici nella vita di una persona, perché è dalla sua capacità di fuggire dalla tirannia del “troppo-troppo poco” che può costruirsi la vita che vuole, senza rimpianti o frustrazioni.

Se ti trovi nella situazione descritta in questo articolo, cosa piuttosto probabile (ci si ritrova tutti, prima o poi!), non esitare a contattarmi per fissare un incontro in omaggio dove potrai comprendere le alternative che hai a disposizione.

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