Quando l’idea incontra i numeri: perché il Business Plan può fare la differenza

Un articolo di Patrizio Gatti

 

Un corso sul Business Plan a Genova

Era maggio, qualche anno prima della pandemia, e mi trovavo a Genova per tenere un corso sul Business Plan, davanti a un bel gruppo di giovani neolaureati.

A un certo punto, feci una domanda semplice:

“Chi di voi sta pensando di aprire un’attività?”

Circa la metà alzò la mano.
Poi aggiunsi:

“Qualcuno ha già fatto due conti per capire se l’idea può reggere?”

Due partecipanti al corso si fecero avanti: un ragazzo e una ragazza.
Avevano iniziato a riflettere su costi e investimenti.

È stata l’occasione perfetta per fare una simulazione dal vivo.

 

Il piano, l’officina e alcuni costi dimenticati

Il primo a parlare fu il giovane neolaureato.
Aveva in mente di aprire un’officina meccanica, ed aveva già fatto due chiacchiere con un amico commercialista, raccolto qualche stima sugli investimenti iniziali, ma nulla di strutturato.
L’idea era di partire coinvolgendo il padre (ex meccanico in pensione), la compagna per la parte amministrativa e un dipendente.

A quel punto ho aperto un foglio di calcolo ed ho iniziato a buttare giù i numeri:
prima gli investimenti iniziali, poi i costi per acquisto di materie prime,
quindi le spese di struttura e i costi generali.

Gli ho chiesto:

“Hai previsto le spese per assicurazioni, contabilità, utenze, consulenze, affitto?”

Rispose con sincerità:

“A dir la verità, alcune non le avevo proprio considerate.”

Proprio quelle spese che sembrano scontate, ma che all’inizio restano spesso invisibili.

Abbiamo distinto tra costi fissi e variabili. Abbiamo poi calcolato il punto di pareggio (break even point), cioè quel livello minimo di fatturato che serve per non andare in perdita.

Il risultato?

Per arrivare all’equilibrio economico, servivano circa il doppio dei ricavi rispetto a quanto aveva immaginato.

Mi guardò e disse:

“Non pensavo servissero così tanti soldi. Meno male che abbiamo fatto questa simulazione. Sarà meglio che mi riguardo il tutto.”

Ora si sentiva più consapevole, determinato a rivedere le stime con il padre.
Non aveva abbandonato l’idea, ma aveva capito che senza numeri, non si parte bene.

 

Quell’idea che ti fa brillare gli occhi

Poi fu la volta della giovane neolaureata.
Lei aveva due idee imprenditoriali.

La prima era ben studiata, già condivisa con un socio con buone competenze.
Aveva valutato i costi, analizzato il mercato, individuato la sede.
Sulla carta, tutto sembrava promettente.

Ma mentre la raccontava, si notava che non ci credeva fino in fondo.
Non era la sua idea.
Era qualcosa in cui confidava più per la capacità del socio che per convinzione personale.

Poi cominciò a parlare della seconda idea.
Un progetto nel settore fiori e piante: vasi, arredi vegetali, design verde.

E lì si accese. Occhi che brillavano. Coinvolgente, concreta, appassionata.
Tutta l’aula l’ascoltava con attenzione.

A quel punto la fermai:

“Se fossimo investitori, sai su quale idea punteremmo?
Sulla seconda. Non per i dati, ma per come ne parli.
Poi, certo: vanno valutati soprattutto i numeri.”

Lei sorrise.
Ammise che la prima ipotesi le sembrava più realistica solo perché legata alla solidità del socio. Ma non era ciò che sentiva suo.
La seconda invece era la sua vera passione.
Forse più rischiosa, sì, ma anche più vera.

Le dissi:

“Benissimo. Ora aggiungi i numeri alla tua passione.
Fai i conti. Verifica se può stare in piedi da sola.”

Le indicai quali voci considerare e su cosa tenere l’attenzione.
E lei, con un bel sorriso, mi promise che ci avrebbe lavorato subito.

Una riflessione

Sono anni e anni che si parla di Business Plan.
Oggi le banche lo richiedono sempre di più, spinte anche dalle linee guida EBA (Autorità Bancaria Europea), che lo indicano come una delle basi per valutare l’affidabilità finanziaria.
Lo suggeriscono le norme sulla verifica degli  adeguati assetti .
Se ne parla ovunque: corsi, libri, articoli, riviste, video.

Eppure, c’è ancora chi lo vive come una formalità, come qualcosa da sbrigare in fretta, convinto che bastino “due conti in croce” e una paginetta di dichiarazioni generiche per cavarsela.

Ma chi lo riduce a questo, sta sottovalutando un nodo strategico per il futuro della propria impresa.

In realtà, un Business Plan non serve solo per chiedere un finanziamento.
Serve prima di tutto a chi ha un’idea da realizzare, un’attività da far evolvere, o vuole cercare di fare in modo di vedere e garantire continuità alla propria impresa.

Perché ti permette di capire:
se la tua idea può davvero stare in piedi,
se può camminare da sola,
se ha basi solide, oppure è solo entusiasmo. Anche se partire da una passione è il miglior inizio possibile.

Molti dicono: Se ti piace quello che fai, non lavorerai mai davvero.
È una bella frase, e spesso è vera.
Ma oggi vale solo se prima di buttarti nel business hai fatto bene i conti.

In chiusura

Se hai un’idea che ti frulla in testa da tempo, se stai per lanciarti in una nuova attività,
oppure se vuoi semplicemente rimettere ordine nella tua impresa attuale, fermati un attimo e prima di tutto, metti i numeri sul tavolo.

Non è un obbligo, è un consiglio.
Uno strumento concreto per vedere le cose più chiaramente e risparmiare fatica, tempo e brutte sorprese.

Serve mettersi lì, con calma, e davvero pianificare e valutare i numeri con lucidità.

 

E tu? Cosa ne pensi?
Usi il Business Plan per guidare le tue scelte?
Lo aggiorni periodicamente… o lo hai lasciato in un cassetto?

 

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