Reparto in perdita? Senza controllo di gestione rischi un autogol.

Un articolo di Patrizio Gatti

 

 

“Il guadagno nasce dall’efficienza, difficilmente dai tagli alla cieca.”

Questo è ciò che a volte mi sono trovato a dire ad alcuni imprenditori.

Perché?

Perché tagliare senza criterio, in vari casi, non risolve il problema, ma a volte lo peggiora. Il rischio è eliminare ciò che funziona, lasciando in piedi sprechi nascosti che continuano a pesare sui bilanci.

Questa riflessione nasce dalle varie situazioni che ho visto sul campo con le aziende seguite. A volte la prima scelta sembra la migliore, ma senza numeri chiari si rischia di sbagliare direzione.

Eppure, quando un reparto sembra andare in perdita, la prima reazione è quasi sempre la stessa: chiuderlo e concentrarsi su ciò che funziona.

Ma è davvero così semplice?

Oggi ti racconto un caso reale che ho seguito e che dimostra quanto sia importante avere un sistema di controllo di gestione prima di prendere decisioni difficili.

 

Il caso: un reparto che non rende come dovrebbe

Un’azienda metalmeccanica ha iniziato a monitorare la sua produttività utilizzando la contabilità analitica per centro di costo. Dopo pochi mesi, ecco la scoperta:

Un reparto, il numero X, che generava circa il 30% del fatturato, una volta assegnati i costi indiretti, risultava in perdita del 5% sui ricavi.

Esempio :

Fatturato 700.000
Costi diretti 630.000
Margine primo (senza costi indiretti) €   70.000
Costi indiretti 105.000
Risultato economico del reparto €  -35.000

 

A quel punto la direzione ha subito pensato di chiudere il reparto per aumentare la redditività complessiva.

Ma è proprio la scelta migliore?

 

Prima di decidere, è importante distinguere tra i due tipi di costi.

  • I costi diretti sono quelli legati esclusivamente al reparto. Per esempio: materie prime, trasporti specifici, stipendi del personale dedicato e ammortamento di macchinari utilizzati solo in quel settore. Se il reparto viene chiuso, questi costi spariscono.
  • I costi indiretti, invece, sono quelli generali dell’azienda e vengono ripartiti tra i vari reparti con un criterio prestabilito (es. in base al fatturato o alle ore di lavoro). Rientrano in questa categoria affitti, utenze, stipendi amministrativi, costi di manutenzione generale e canoni per software gestionali. Se un reparto chiude, questi costi restano e devono essere redistribuiti sugli altri.

Ed è qui che entra in gioco un aspetto importante: se un reparto contribuisce a coprire una parte dei costi indiretti, chiuderlo potrebbe ridurre la redditività complessiva invece di migliorarla.

Il dubbio: chiudere o verificare?

Quando mi hanno chiesto un parere, la mia risposta è stata: “Aspetta un attimo, facciamo due conti prima di chiudere tutto.”

Abbiamo analizzato due scenari:

  1. Chiudere il reparto
  2. Lasciarlo aperto e vedere l’impatto sui numeri reali

 

Risultato? Se il reparto fosse stato chiuso, l’azienda, nel suo complesso, avrebbe guadagnato meno.

Ma com’è possibile? Se elimino un reparto in perdita, perché il profitto totale scende invece di salire?

La risposta è nella distribuzione dei costi indiretti

Anche se quel reparto risultava in perdita dopo l’assegnazione dei costi indiretti, il suo margine di guadagno contribuiva comunque a coprire una parte di quei costi generali.

Chiuderlo avrebbe significato eliminare il fatturato del reparto, ma non tutti i costi. Alcuni di essi, infatti, sarebbero rimasti e avrebbero dovuto essere assorbiti dagli altri reparti.

Conseguenza? L’utile complessivo dell’azienda si sarebbe ridotto invece di migliorare.

Quando invece la chiusura è la scelta più logica?

Il discorso cambia completamente se il reparto avesse registrato un margine primo negativo.

Se i costi diretti, come materie prime e stipendi del personale di produzione, superano il fatturato, il problema non riguarda solo il modo in cui vengono suddivisi i costi indiretti, ma una perdita che si crea direttamente dall’attività produttiva del reparto.

In questi casi, lasciare in piedi il reparto porta solo a perdite sempre maggiori. Se la situazione dura nel tempo, diventa importantissimo valutare la chiusura per evitare di mettere a rischio la stabilità finanziaria dell’azienda.

Le alternative: rilanciare o esternalizzare?

A questo punto ho proposto due strategie all’imprenditore:

  1. Rilanciare il reparto
  • Eliminare gli sprechi e ottimizzare i processi
  • Aumentare la produttività senza intaccare i margini
  • Lavorare sulla qualità e ridurre eventuali difetti
  1. Affittare il reparto o affidare la produzione all’esterno
  • Ridurre i costi fissi
  • Prima di investire in un reparto, capire se ha davvero prospettive di crescita.
  • Esternalizzare la produzione per  migliorare tempi e risorse.

In questo caso, l’imprenditore ha preferito provare la prima strada. Solo se dopo un anno la situazione non fosse migliorata, avrebbe valutato più a fondo l’opzione dell’esternalizzazione della produzione.

Cosa possiamo imparare da questa storia?

  • Un reparto in perdita non è sempre da chiudere. Prima bisogna capire perché è in perdita e quali costi sta coprendo e verificare se la produzione copre almeno i costi diretti.
  • Le decisioni vanno prese con i numeri in mano. Andare a sensazione può far perdere più soldi di quanti se ne vogliano risparmiare.
  • Il controllo di gestione serve proprio a questo. Se l’imprenditore non avesse avuto un sistema di contabilità analitica, probabilmente avrebbe preso una decisione che lo avrebbe portato fuori strada.
  • Lo stesso ragionamento vale anche per la produzione di singoli prodotti. Prima di eliminarli dal catalogo, è fondamentale capire se il loro margine contribuisce a coprire una parte dei costi aziendali. Tagliare un prodotto apparentemente poco redditizio potrebbe avere conseguenze inaspettate sui numeri complessivi.

E tu? Hai mai dovuto scegliere tra chiudere o rilanciare un’attività? O magari valutare se mantenere o eliminare un prodotto? Scrivilo nei commenti.

 

Patrizio Gatti

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