Resistenza e resilienza: come distinguerle e perché è essenziale farlo
Un articolo di Alessandro Carli
Non esiste nessuno che in più momenti della propria vita non debba “sforzarsi” per ottenere qualcosa che sia per lui o lei importante.
Alcune volte è per (a) evitare una situazione che non si vuole, ovvero per (b) uscirne; altre volte è per (c) ottenere una situazione che si vuole realizzare, ovvero per (d) mantenerla: se pensi ad un qualsiasi obiettivo che ti sia posto nella tua vita, ti renderai conto che era per uno dei suddetti quattro motivi, a prescindere da qualsiasi considerazione morale.
Ecco alcuni esempi:
- Non voglio sposarmi (o trasferirmi o essere licenziato, ecc.);
- Non voglio continuare a fare lo zitellone (cioè, non voglio NON sposarmi);
- Voglio sposarmi;
- Voglio continuare ad essere libero.
Da un punto di vista strettamente logico, (a) e (d) dicono in modo diverso la stessa cosa, così come (b) e (c), ma da un punto di vista prettamente funzionale siamo su tutt’altri binari e questa “confusione” è ciò che poi c’induce a prendere decisioni di cui in seguito ci pentiremo.
In realtà, c’è molta più assonanza e coerenza tra (a) e (b), nonché tra (c) e (d), di quanto sopra descritto.
Come ben insegna la PNL (Programmazione NeuroLinguistica), programmiamo la nostra mente con il modo in cui usiamo le parole. I nostri stati mentali ed emozionali ci “suggeriscono” quali parole e frasi usare quando pensiamo e parliamo; a loro volta, esse rafforzano i nostri stati interiori in un circolo vizioso, quando non ne siamo coscienti, od in un circolo virtuoso quando vengono invece usate in modo consapevole.
Quando prendiamo decisioni rispetto ad un determinato evento interno (pensiero) od esterno (situazioni), mettiamo in atto risorse e strategie finalizzate ad affrontare tali eventi od a proteggerci da essi: nel primo caso si parla di resilienza mentre nel secondo, di resistenza, utilizzando parole specifiche che tradiscono in quali dei due stati ci troviamo.
Desiderio e movimento
Il seguente grafico illustra questi meccanismi che sono basati su due elementi, ossia il Desiderio e il Movimento.
Come vedi, nella parte alta del grafico si hanno due stati in cui entrambi esprimono un “volere”, quindi un forte desiderio; mentre nel basso esprimono un “non volere”, quindi un desiderio debole.
Sul lato sinistro, invece, ci si trova in una condizione di sostanziale “staticità”, quindi di scarso movimento; mentre sul lato destro ci troviamo in una condizione di “dinamicità”, quindi un movimento importante.
Vediamo meglio.
Quadrante in basso a sinistra (A) – Qui il desiderio è basso, ossia un non-desiderio, che è anche sostanzialmente statico: Non voglio che succeda… sposarmi, in questo caso. Lo stato del non-volere mi predispone a respingere a priori l’evento, mettendomi sulla difensiva e, quindi, in uno stato di resistenza che si oppone all’idea di trovarmi in quella situazione.
Quadrante in basso a destra (B) – Il desiderio di sposarmi resta basso, ma in questo caso è dinamico perché mi costringe a cercare (quindi a muovermi) un’alternativa alla situazione in cui mi trovo, ossia continuare ad essere scapolo: Non voglio che NON succeda, cioè sposarmi, anche se in realtà respingo più l’idea di restare scapolo che non convenire di sposarmi, da cui ancora resistenza.
Quadrante in alto a destra (C) – Il desiderio/volontà di sposarmi è alto ed è dinamico, spingendomi a fare di tutto per raggiungere quell’obiettivo: Voglio che succeda, cioè sposarmi. Questa è la situazione in cui il controllo è massimo e la resistenza è nulla. Poiché è ciò che voglio, non vi è alcuna resistenza, anzi! Tuttavia, poiché qualsiasi obiettivo importante comporta sfide e difficoltà da superare, la resilienza diventa qui una risorsa fondamentale per superarle, in quanto prodotta da un preciso desiderio.
Quadrante in alto a sinistra (D) – Anche qui il desiderio/volontà è forte… ma non di sposarmi, bensì l’esatto contrario, cioè di essere libero: Voglio che NON succeda, cioè sposarmi… perché ho GIÀ altri progetti e vedo il matrimonio come un ostacolo. Si tratta di una precisa scelta, anche se statica, in quanto non produce alcuna crescita, alcun impegno, di cui però sono del tutto convinto. Certo, la vita da scapolo può essere dura, ma se è quello che convintamente voglio, saprò e vorrò mantenerla, contro ogni convenzione, con resilienza.
Conclusione
In buona sostanza, quando il soggetto (io) non vuole che succeda qualcosa, la sua strategia sarà di difesa. Tuttavia, c’è un’enorme differenza tra NON volere che qualcosa accada e volere che qualcosa NON accada.
Nel primo caso, c’è un rifiuto consapevole, SO ciò che NON voglio; mentre nel secondo, NON SO CIÒ CHE VOGLIO, non c’è consapevolezza. La nostra mente non riesce a lavorare sul “NON sapere”, poiché non riesce a crearsi un’immagine della cosa e quindi non sa cosa inseguire. Questo crea insicurezza, da cui la resistenza.
A prima lettura può sembrare poco più di un gioco mentale e sotto certi versi lo è, ma il suo impatto sui risultati che otteniamo nella nostra vita è enorme. D’altro canto, se SO ciò che VOGLIO e NON voglio, l’immagine è chiara in entrambi i casi e questo attiverà la resilienza, non la resistenza.
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