Sei troppo vecchio?… Secondo chi?… E per cosa?!
Un articolo di Alessandro Carli
Maurice Chevalier, celebre chansonnier francese di altri tempi diceva: “La vecchiaia non è poi così male… considerando l’alternativa.”
Argomento allegro, oggi…
La vecchiaia – o anzianità, per chi ama gli eufemismi – descrive soltanto il raggiungimento e la permanenza all’interno di una certa fascia d’età… Nient’altro!
È solo l’ultima fase della nostra esistenza terrena prima della… sì, insomma, quella cosa là!
Perché non riesco a scrivere “quella” parola? Paura?
Chi, io? HAH!… Non farmi ridere…
No… Evito di scriverla per pudore, perché c’è chi s’impressiona davanti alla sola parola m…o…r…t…e, soprattutto tra coloro che si avvicinano alla settima decade della loro vita e che vedono ormai solo “quella” come prossimo, ineludibile evento.
Ma questo non sono io… Ti pare?… Ci mancherebbe! Figurati se io penso a… Dài, su, siamo seri… tsé!
D’accordo: basta con le sciocchezze e tuffiamoci nelle cose serie! Partiamo con un bel…
“Non si è morti finché si è vivi!”
Riesci a pensare ad una frase più lapalissiana di questa?
Se la leggi letteralmente, lo è. Non così tanto se ne approfondisci il significato, poiché non è affatto scontato che la maggior parte delle persone giunga alla morte… da veramente viva.
Meglio, dunque, riavvolgere il nastro, partendo dall’inizio: cosa significa essere vivi?
Cosa comporta la mancanza di uno scopo
La cultura occidentale è plasmata da una forma mentis meccanicistica, utilitaristica, opportunistica… solo per citare alcune delle sue caratteristiche più salienti. Non è un giudizio e non attribuisco a queste alcuna valenza negativa per partito preso… ma non posso nemmeno fare a meno di soffermarmi sulle serie ripercussioni che tale modalità d’interpretare il funzionamento di questo mondo ha sul nostro modo di pensare ed agire.
Per noi, infatti, ha valore ciò che produce risultati nel minor tempo possibile, al minor costo possibile e con la maggiore qualità possibile. Non c’è niente di male in questo, evidentemente, ma se ci s’interfaccia coi vari ambiti della nostra esistenza (famiglia, scuola, amicizia, valori, ecc.) allo stesso modo in cui lo si fa con un’azienda, forse qualcosa da rivedere c’è, soprattutto se questo modo di operare produce problemi… perfino ad un’azienda!
Quando si parla di “morte”, nella maggior parte dei casi si pensa alla morte fisica, del corpo… ma non esiste solo quella morte: esiste anche una morte psicologica, emotiva, morale, mentale, spirituale… e tutte queste morti hanno tutte una singola causa comune, ossia la perdita o mancanza di uno scopo.
Quando si perde un lavoro, i figli vanno per la loro strada, si va in pensione e si perdono di vista molte delle persone che davano un qualche significato alla nostra vita, magari ci lascia il nostro partner di vita, non c’è più niente che ci prenda o c’interessi come prima, non si riesce a superare una forte delusione, si va in depressione… qualcosa muore dentro di noi.
Il miraggio della pensione
L’essere umano può sopportare qualsiasi cosa, ma non quella di sentirsi inutile, di pensare di non avere più un ruolo da giocare per qualcuno in particolare o per la società in genere.
Nella maggior parte dei casi, per tutta la vita abbiamo avuto un partner di cui prenderci cura; dei figli da far crescere, da educare e da inserire nel mondo; un lavoro con cui non soltanto mantenerci, ma tramite il quale contribuire anche alla crescita ed al benessere dei nostri simili; una passione grazie alla quale poterci esprimere…
Poi, improvvisamente, più niente di tutto questo.
Si anela la pensione come un sub sott’acqua rimasto con la bombola vuota e poi, una volta che arriva… cosa?
I primi 6-12 mesi, una figata… niente più alzatacce, niente più leccamenti al capo, niente più responsabilità, belle passeggiate, belle gite organizzate per anziani a Lourdes, niente più problemi, grattacapi, notti insonni… D’accordo, qualche acciacco in più e forse un marito/moglie un po’ più petulante di prima, ma per il resto… una meraviglia!
Cosa manca in questo quadretto idilliaco? Già, uno scopo… un motivo per essere ancora in questo mondo, per sentirsi ancora utili e poter ricordare a qualcuno che “ci sono ancora”!
Sapere quanto si ha ancora da dare… e perché
Non è la vecchiaia a portarci via un scopo; è la mancanza di scopo a farci invecchiare.
Molti tra i personaggi della storia, dell’arte, della scienza ed altro hanno dato il maggiore contributo in tarda età, potendo mettere a frutto l’esperienza e la maturazione necessarie per creare qualcosa di autenticamente nuovo… per quanto controintuitivo possa suonare.
Le persone più in là con gli anni non devono permettere a nessuno di metterle all’angolo, perché la loro dignità non ha una scadenza coincidente con la data d’inizio del loro pensionamento e per le quali il valore è determinato dal numero di anni in cui si presume possano dare ancora il meglio di sé, bensì dalla capacità, ma soprattutto la volontà, di mettere a frutto quei decenni di esistenza umana – non solo professionale – che hanno accumulato a suon di ceffoni e calci nel sedere dalla vita.
Cosa ne facciamo, li buttiamo al macero?
E se qualche manager/imprenditore o anche qualcuno appartenente alla categoria della cosiddetta gente comune, in un mondo malato di vuoto efficientismo, non riesce a vedere o a dare valore a ciò che ha per le mani, allora è compito del “rudere” metterli davanti ad un’altra realtà. Non con sentimenti di rivalsa, bensì di calma ed inattaccabile consapevolezza.
Ma deve crederci.
Se è lui (o lei) il primo a ritenersi inutile, stanco, depresso, sfiduciato, senza carte in mano… vecchio!… allora così sarà.
Conclusione
La varie fasi di sviluppo di una persona, dall’età adulta in poi, sono mere convenzioni.
Dalla nascita all’adolescenza compresa, le varie fasi sono reali… ma dopo sono solo un film che ci facciamo noi, compreso quello della vecchiaia.
Finché resta forte la consapevolezza del motivo per cui siamo su questa pianeta, anche il nostro fisico e la nostra mente ci sosterranno per portarlo avanti. Senza, anche a quarant’anni saremo dei derelitti e perfino l’aspettativa di vita sarà compromessa.
Se sei un “senior”, trova un valido motivo per fare quello che stai facendo o che vorresti fare e ti assicuro che non conoscerai un solo giorno di vecchiaia.
Come posso saperlo? Se trovi il tempo di pensare agli anni che stanno passando inesorabilmente, significa che non hai ancora trovato il tuo vero scopo, te lo garantisco… e molto spesso non c’entra niente col tuo lavoro.
Contattami: ti aiuterò a trovarlo.
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Su Alessandro
Grazie alla sua esperienza ultratrentennale nel campo della crescita personale e professionale e con un’approfondita conoscenza delle dinamiche che favoriscono un innalzamento del valore umano, la sua missione è quella di aiutare privati individui, professionisti, manager ed imprenditori SERIAMENTE motivati a dare una decisa svolta alla loro vita ed al loro lavoro a raggiungere i propri obiettivi.
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