Si ricomincia…

Un articolo di Alessandro Carli

Si sa, la vita è fatta di momenti e di cicli che iniziano dal momento stesso in cui emettiamo il nostro primo vagito e la nostra grande fortuna è che quando si è ancora piccoli non siamo ancora consapevoli di ciò che ci sta succedendo.

Nei primi anni (0-12), i cambiamenti sono quasi esclusivamente “interni”, del tutto fisiologici, e nella stragrande maggioranza dei casi abbiamo dei genitori che ci aiutano a gestirli, nei limiti delle loro conoscenze e capacità.

Con l’adolescenza, le cose cominciano a cambiare drasticamente. Cominciamo a distaccarci dalla famiglia d’origine ed abbracciamo relazioni esterne sempre più forti: questo è l’inizio di una fase in cui i cambiamenti ci vengono più o meno imposti dall’esterno e se non fosse per la nostra maggiore elasticità mentale, a quell’età, tali cambiamenti sarebbero in grado di prostrarci seriamente.

Crescendo, si acquisisce più esperienza e si dovrebbe essere anche più resilienti, ma la nostra mente perde sempre più elasticità, facendo sì che si diventi sempre più insofferenti ai cambiamenti e, quindi, più suscettibili alla demoralizzazione, se non addirittura alla depressione.

Sono così tante le difficoltà che dobbiamo affrontare su ogni fronte, che abbiamo un disperato bisogno di trovare degli appigli a cui aggrapparci: chiamiamo questi appigli “aree di comfort” e faremo di tutto per tenerci saldamente legati ad essi.

Purtroppo, non funziona.

 

Siamo qui per crescere, non per schivare i colpi

L’evoluzione è una spinta, una forza che coinvolge tutte le dimensioni della nostra vita. Non siamo le stesse persone di 10 anni fa e non saremo la stessa persona di oggi tra 10 anni. Intanto perché invecchiamo, ovviamente, ma anche perché affrontiamo le situazioni con stati emotivi diversi, l’esperienza che negli anni accumuliamo c’induce ad affrontare le varie situazioni in modo diverso e perfino la nostra visione della vita e del mondo cambia.

Il nostro primo istinto è quello di resistere il cambiamento, cioè ci si oppone  a ciò che accade, ma poiché non abbiamo il potere di contrastarlo è inevitabile che prima o poi ci butti a terra.

La resilienza, d’altro canto, che spesso viene usata quasi come un sinonimo della resistenza, è tutt’altra strategia. È la capacità di piegarci agli eventi, dandoci modo di adattarci ad essi mantenendo l’integrità e sebbene con gli anni si tenda ad irrigidirci è altrettanto vero che, almeno sulla carta, si diventi più saggi.

Infatti, è proprio nella scelta tra adottare una strategia di resistenza o di resilienza che si finisce per invecchiare male nel primo caso o bene nel secondo. Resistere ci logora ad ogni livello e non solo s’invecchia peggio fisicamente, ma si diventa sempre più maldisposti ed insopportabili.

La resilienza, d’altro canto, ci consente di acquisire  più controllo e l’avanzare dell’età non è qualcosa da guardare con orrore, ma come il culmine di un’esistenza pienamente vissuta.

 

Come affrontare l’inevitabile evoluzione

Vado per i 67, ma se mi chiedessi cosa sarei disposto a dare per tornare indietro di 20 o 30 anni, sarei io a chiedere a te cosa dovresti darmi… e comunque non lo accetterei. E questo, pur con tutte le sfide, le difficoltà e le preoccupazioni che comunque continuo ad affrontare: la vita non diventa affatto più facile, ma è quella che ho scelto e che intendo continuare ad avere.

Solitamente, succede una di due cose, ma poiché accadono in continuazione, spesso si alternano.

La prima riguarda una fase della vita, per così dire, condannata a morire: può riguardare la fine di un rapporto sentimentale, di un lavoro, di un rapporto amicale, di una residenza, ecc. Semplicemente, quel ciclo è destinato a chiudersi… per sempre.

L’altra riguarda il rinnovamento di un rapporto con qualcuno o qualcosa. In altre parole, quel rapporto non muore, ma DEVE rinfrescarsi, apportando ad esso qualcosa di nuovo ed al tempo stesso capace di incidere una nuova direzione. Molto probabilmente, se non si riconosce per tempo questa necessità è prima o poi fatale ritrovarsi alla fase precedente.

Il fatto è che crescere non è un’opzione e sebbene sia la stessa vita a presentarci le occasioni per farlo, dobbiamo metterci del nostro per mantenere un certo controllo sul cambiamento.

 

L’approccio da adottare

Resistere questo processo è inutile, ma soprattutto irragionevole perché andremmo a precluderci straordinarie opportunità.

Tieni presente queste indicazioni:

– Tolti pochissimi punti fermi (un matrimonio, l’amore per i propri figli, i principi… le tasse e poco altro), la fine di qualcosa è la norma, non l’eccezione;

– La fine di qualcosa indica che sei pronto/a per altro. Se ti senti in colpa per come finisce qualcosa, usalo come insegnamento, non come una scusa per non andare avanti;

– Se, al contrario, ti senti vittima in questa fine, cerca di scoprire come e perché lo hai permesso e come puoi accedere al nuovo con maggiore certezza ed autorevolezza;

– È la sensazione di non avere controllo sul nuovo a spaventare, ma è esattamente il contrario: proprio perché è nuovo puoi dargli l’impronta che vuoi… e devi!

– Fatti – e rispondi a – questa domanda: “Perché proprio io, qui ed ora, sono la persona giusta per affrontare questo nuovo capitolo della mia vita?”

 

Conclusione

Come sempre, il vero nemico non è l’evento avverso, ma il vittimismo, che è come cianuro per la nostra mente e la nostra anima.

Soprattutto se l’evento è particolarmente pesante ed infausto, è giusto e normale accusare il colpo e viverlo per tutto il tempo che occorre. Tuttavia, è al tempo stesso necessario mantenere alta la consapevolezza che non si tratta né di un castigo né, tantomeno, di un dispetto che la vita ci fa, bensì di un’opportunità per ripensare il nostro ruolo in questo mondo.

Comunque non possiamo farci nulla e lasciarsi trascinare dalla negatività non giova a nessuno e se proprio non puoi evitarla, non esitare a rivolgerti a qualcuno che possa aiutarti a ritrovare la tua rotta.

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