Tone of Voice
Un articolo di Cecilia Di Pierro
Tonalità
Questione di stile, abitudine e allenamento.
Quanto è importante la voce per un’Interprete?
Potrà sembrare una sciocchezza, non tanti si porranno il quesito, ma in realtà è una componente essenziale, pensando a chi ci ascolta, soprattutto in simultanea (considerando che spesso il pubblico “sente le voci” in senso stretto, ascoltandoci in cuffia, per ore), oppure in grandi spazi, quale per esempio, un parco all’aperto, del tipo illustrato in foto
(Mini-olimpiadi – La Prima Sfida per una Giovane Interprete)
Possiamo parlare di voce bella, suadente, o, addirittura sexy?
È molto difficile definire il concetto di “voce gradevole”.
Non esiste un criterio oggettivo di valutazione, anche se ci sono dei criteri di valutazione, che mettono tutti d’accordo.
La voce varia anche a seconda del contesto, o delle circostanze.
In un contesto ludico, una voce seria sembrerà fuori luogo, un funerale a una festa di matrimonio.
Analogamente, in caso di argomenti drammatici, tristi, o comunque poco ameni, una voce “ridanciana” sarà giudicata come del tutto inopportuna e, probabilmente, anche poco rispettosa nei confronti dei soggetti coinvolti.
Altrettanto dicasi per il timbro di voce: per esempio, una voce molto grave o, a maggior ragione, molto acuta, rischia di suonare sgradevole, al punto tale da indurre il pubblico a “strapparsi” letteralmente la cuffia.
E che dire di un’Interprete con la voce raffreddata o che tossisce in continuazione?
Non è colpa sua, direte voi. Vero. Ma Professionalità impone di rinunciare a incarichi di interpretazione nelle circostanze sopra menzionate. Inadempienza? No, semplicemente trovare un sostituito in casi del genere.
Ci pensate, per esempio, a una voce di fatina, per un contesto tipo horror, thriller, o “Scena del Crimine”?
Come per un attore/un’attrice, anche l’Interprete è soggetto/soggetta a giudizio di “bella voce”; tale requisito varia molto in base al contesto di lavoro: ad esempio nell’ambito dell’interpretazione radiofonica o televisiva viene certamente percepito come un criterio molto più impattante rispetto a quanto non lo sia durante un convegno di medicina, ingegneria, o altri argomenti di natura più tecnica.
Fatta questa doverosa premessa, se parliamo del timbro vero e proprio, ritengo che non ci sia un grande margine di manovra, perché pur non essendo un’esperta del settore, non mi risulta che possa essere modificato in modo sostanziale. La buona notizia però è che possiamo migliorare il modo in cui il nostro parlato viene percepito dal pubblico, concentrandoci su alcuni aspetti.
- Chiaro, limpido o Recoaro?
Ricordate lo spot? Non siamo a bere un aperitivo tra amici.
Meglio fare un discorso fluido, senza aumentare e diminuire in continuazione la velocità, cercando soprattutto di concentrarsi sul proprio discorso, piuttosto che seguire e inseguire letteralmente l’oratore.
- Intonazione
evitare il “piattume”, come lo chiamo scherzosamente io, per evitare che il pubblico sprofondi in un sonno profondo. Invece della voce dell’Interprete la sala si riempirebbe di “russi”. Analogamente, evitare le cosiddette pause riempitive (ehm, allora, dunque, diciamo). Piuttosto fare una pausa vera e propria: non parlare.
- Respiro affannoso
Evitiamolo per evitare di produrre un effetto ansiogeno. Potrebbe essere necessario somministrare ansiolitici invece che continuare a parlare.
- Accento regionale
gradevole nelle conversazioni tra amici, poco consono a un’interpretazione professionale. A tal fine consigliato un corso di dizione, per evitare di dire “Mannaggia a sor’ta” invece di “Management”
- Volume e distanza dal microfono
nulla di peggio di una voce troppo bassa, o troppo alta. Se parliamo a voce troppo bassa o troppo distanti dal microfono, il pubblico potrebbe strapparsi la cuffia dalla disperazione, per cercare di autointerpretare l’oratore, mentre se indulgiamo in un acuto, rischiamo di fare venire a tutti (compresi noi stessi) un fastidioso mal di testa, difficile da eliminare anche con un potente antidolorifico.
Let’s sum up (in sintesi)
Un’ Interprete con un bel timbro di voce ha sicuramente un “tono in più”.
D’altro canto, anche i meno “dotati” possono allenarsi per migliorare timbro, tono e suono.
Ricordo che a scuola i Professori ci dicevano di simulare un’interpretazione e registrarci durante l’interpretazione, quindi riascoltarci a distanza, facendo finta di essere dalla parte del pubblico, per verificare il parlato e la modalità di riproduzione. Uno Studio di Registrazione insomma.
È importante controllare e adattare la propria voce all’ambiente, all’argomento e al pathos.
Il volume è molto importante. Pensiamo per esempio al Voice Over, la voce dell’Interprete che si sovrappone a quella dell’oratore. Se l’Interprete urla, l’oratore urla per farsi sentire.
Urlo incondizionato
“A proposito di urlare, va ricordato che bisogna anche sapere come farlo, se non si vuole subito perdere la voce, o, peggio ancora, danneggiare le corde vocali.
Saper alzare il volume non è scontato”
Scrive Francesco Sorichetti in uno scambio di commenti a un suo post.
E se l’Interprete perde la voce, il pubblico diventa sordo.
Per concludere:
ascolta, recepisci, riproduci e parla come un “Essere Umano”.
Se proprio non capisci, non tacere e piuttosto fai come ti ha insegnato la tua cara Insegnante, americana, di Simultanea:
“If you don’t understand, you’ve got to inventare”
Nel suo misto tra Italiano e Americano che ben rende il concetto.
Put on your headphones, turn on the microphone and speak!
Indossa le cuffie, accendi il microfono e parla!
Don’t panic, but don’t hesit