IL CICLO DELLE CRISI

Un articolo di Alessandro Carli

“In qualsiasi momento della nostra vita o si sta entrando in una crisi o ci troviamo nel bel mezzo o ne stiamo uscendo”.

È ciò che soleva ripetere il mio mentore per ricordare che ci troviamo sempre in uno stato di crisi. Tutt’al più, quello che cambia è solo l’intensità ed il peso della crisi in cui ci si trova e da cui vogliamo soltanto uscire al più presto.

Il fatto è che pur facendo parte della nostra “normalità”, in un modo o nell’altro, si sa veramente poco delle crisi: cosa sia, come funziona, qual è il suo scopo (già, poiché tutto ciò che esiste ha uno scopo ed è funzionale a qualcosa di cui spesso non si ha idea… sia essa piacevole o meno).

Il motivo per cui ne parlo qui non è per disquisire sulle crisi, ma perché confonderle con altra cosa ci porta ad affrontare un determinato evento in modo del tutto sbagliato.

Ad esempio, l’errore più comune che si fa è quello di confondere una crisi con un evento più o meno problematico. In realtà, una crisi è legata ad uno stato, non ad un evento. È piuttosto comune sentir dire “Oggi sono un po’ in crisi: ho un mal di testa pazzesco!”; oppure, nel caso di disastri naturali, si sente parlare d’istituire di una cosiddetta unità di crisi; o ancora, quando un’azienda “scopre” di essere insolvente, si dice che è in crisi.

Nessuna di queste situazioni ha davvero a che vedere con una crisi. Sono semplicemente eventi che ci creano dei problemi e che dobbiamo in qualche modo risolvere (posto che lo si possa fare): punto.

“Crisi” deriva dalla parola greca krisis, che significa scelta, decisione e questo significa che ci si trova in uno stato di crisi quando dobbiamo prendere una decisione o fare una scelta PRIMA che la situazione degeneri in un evento problematico che, a quel punto, o si risolve o… ciccia!

 

I 5 step di una crisi

Le crisi hanno un loro preciso ciclo che consiste in cinque step:

  1. Incubazione – È un periodo la cui durata è indefinibile (può durare giorni o anni) ed in cui la crisi si forma e matura. È un periodo tranquillo, indolore… spesso perfino piacevole e, soprattutto, non c’è niente che possa far sospettare che qualcosa non va.
  2. Segnali – Qui qualcosa comincia a palesarsi. Sono semplici segnali, spesso timidi, e che proprio per questo si preferiscono ignorare. Col tempo, i segnali si fanno sempre più forti e frequenti, ma poiché ci siamo lentamente abituati ad essi (un po’ come il processo di mitridatizzazione), si continua a non farci caso. Quindi…
  3. Emergenza – In questa fase non è più possibile ignorare il problema, che può solo essere affrontato. Solo in questa fase s’inizia a parlare di crisi… quando non lo è più! Non c’è più niente da decidere, ma solo su cui agire e, come dicevo, o risolvi il problema o… il problema risolve te!
  4. Rottura – Se il problema viene risolto, si torna al punto 1 (viene risolto il problema, non ciò che l’ha provocato), altrimenti c’è la “rottura”… ciò che c’era prima, non esiste più: un’azienda, una relazione, uno stato sconfitto da una guerra, la vita stessa di una persona, ecc.
  5. Reboot – Della serie, “finché c’è vita c’è speranza”! Si (ri)comincia con qualcosa di nuovo: nuova azienda o altro, nuova relazione, nuova missione, ecc. Se non si è imparato nulla dalla rottura, si torna al punto 1, cambiando poco o niente delle strategie usate prima e, quindi, ripetendo gli stessi errori che hanno condotto a quella rottura, perpetuando così il loop; se, invece, si è veramente capito la lezione, si torna lo stesso al primo punto, ma ad un livello superiore, dove si dovranno comunque affrontare nuove sfide e nuove crisi… come dovrebbe essere.

 

Come gestire le crisi

Quando si ha capito il ciclo delle crisi, si hanno anche le idee più chiare su come affrontare gli eventi. Ad esempio, su quale  dei 5 punti occorre intervenire per scongiurare una crisi?

È evidente che non si può intervenire partendo dal primo punto, poiché finché la crisi è in preparazione, non si possono ancora avere i feedback che ci servono per capire che qualcosa è in atto. E, come dicevo, dall’emergenza (terzo punto) in poi è già troppo tardi.

Non rimane dunque che partire dal secondo punto, quello dei segnali, prendendoli seriamente.

Se, come azienda, vediamo che alcuni clienti hanno deciso di non rivolgersi più a noi o che alcuni collaboratori sono sempre più distratti o meno coinvolti, è a questo punto che occorre intervenire, non aspettare che si conclami il trend (emergenza) o perfino aspettare l’esodo di massa (rottura).

L’orgoglio e la rigidità mentale sono senza dubbio i peggiori impedimenti alla risoluzione di una crisi e sono dunque la prima cosa da correggere.

Non solo non dobbiamo vivere le crisi come una sciagura, ma dobbiamo ringraziarle!

Partendo dal presupposto che le crisi sono lo stato naturale delle cose e che, in qualche modo, sono lì per aiutarci a vedere cosa non sta andando nella nostra gestione di una particolare area della nostra vita, dovremmo essere loro grati: nessun evento negativo (a parte, ovviamente, gli incidenti del tutto fortuiti) si presenta senza darci un ampio preavviso!

Sebbene le crisi si manifestino come situazioni che suscitano risposte emotive non particolarmente piacevoli per noi, in realtà ci aiutano a capire diverse cose molto importanti… e tutte positive, tra cui:

* Stai crescendo – le crisi si presentano quando stai per fare un salto di qualità, costringendoti ad  accedere a nuove risorse. Chi non cresce non va in crisi, ma incontra solo molti problemi;

* Hai bisogno di acquisire maggiore controllo – Le crisi sono situazioni su cui il controllo che hai non è più sufficiente e hai bisogno di allargare e consolidare la tua sfera d’influenza;

* Fanno emergere le tue vulnerabilità – Nei momenti di crisi emergono le tue maggiori debolezze, sulle quali puoi finalmente andare a lavorare;

* Ti spingono ad interagire più efficacemente con gli altri – Non si esce da soli da una crisi. Che si tratti di rafforzare le proprie competenze tecniche od emotive, devi confrontarti e crescere con gli altri.

 

Alessandro Carli

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